Nuove sanzioni amministrative dalla seconda metà dell’anno
Su indicazione di Palazzo Madama chiesto il rinvio del termine del 30 aprile
La riforma delle sanzioni sposta più avanti l’entrata in vigore. Tra le venti osservazioni ( quindi non vincolanti) con cui le commissioni Finanze e Giustizia del Senato hanno dato il via libera al parere sullo schema di decreto delegato sulle sanzioni amministrative e penali- tributaria, c’è anche la richiesta al Governo di modificare l’entrata in vigore delle nuove regole che nel testo trasmesso al Parlamento era fissata al 30 aprile. Una scadenza ormai passata e su cui ora l’Esecutivo dovrà effettuare un ripensamento. L’ipotesi più probabile allo studio riguarda al momento la decorrenza a partire dalla seconda metà dell’anno. Uno spartiacque che diventa molto importante soprattutto per le sanzioni amministrative. In questo caso, infatti, le ragioni di contenimento dei costi per la finanza pubblica hanno imposto la non applicabilità del « favor rei » ( la stima dei tecnici dell’amministrazione finanziaria è che gli oneri avrebbero superato i 2 miliardi di euro). Quindi se il regime è più favorevole al contribuente le nuove regole non potranno essere fatte valere per violazioni commesse prima dell’entrata in vigore. Anche se su questo punto le commissioni del Senato ( come già avvenuto per quelle della Camera) chiedono all’Esecutivo di prevedere « anche solo limitatamente a specifiche violazioni » l’estensione del principio del favor rei anche alle sanzioni amministrative tributarie.
Ma non sarà l’unico punto su cui l’Esecutivo dovrà ripensare la formulazione originaria del decreto. Anche i senatori ( nel parere messo a punto dai relatori Gianni Berrino per la commissione Giustizia e Antonella Zedda per la commissione Finanze, entrambi di Fratelli d’Italia) sensibilizzano il Governo a verificare « la concreta applicabilità delle previsioni » relative all’omesso versamento di ritenute certificate e di Iva e a « circoscrivere » in riferimento all’articolo che introduce quattro nuovi indici oggetto di valutazione da parte del giudice ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto « la rilevanza dell’indice relativo alla situazione di crisi del soggetto, prevedendo che il giudice possa valutarla solo nelle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e di Iva » . Due punti su cui più volte gli esperti de « Il Sole 24 Ore » Laura Ambrosi e Antonio Iorio hanno sottolineato la necessità di un intervento correttivo ( si vedano da ultimo gli articoli pubblicati il 29 aprile).
Altro aspetto su cui anche il parere del Senato torna, dopo quello della Camera, è arrivare a una più puntuale distinzione delle definizioni dei crediti non spettanti e inesistenti. Il dossier è già sul tavolo del viceministro dell’Economia Maurizio Leo. L’ipotesi su cui si lavorerà è quella di prevedere quattro ipotesi di inesistenza e due di non spettanza. In questo modo, l’inesistenza scatterebbe nei casi di frode con false fatture, frode con altri artifici, di totale assenza di un’operazione sottostante e, infine, quando è stata disattesa ogni regola pur in presenza di dettagliate indicazioni da parte del legislatore. Mentre la non spettanza del credito d’imposta dovrebbe scattare in presenza di una doppia situazione: una di tipo assoluto e l’altra di tipo relativo.