Il Sole 24 Ore

« La prevenzion­e è la ricetta migliore per salvare il Ssn »

L’intervista. Francesco Vaia Parla il Dg del ministero della Salute

- Marzio Bartoloni

« Il Servizio sanitario nazionale è come una pianta che va curata per farla crescere forte e sana. Non basta innaffiarl­a, così come al Ssn non bastano solo fondi, che servono certo, ma da soli non bastano. Bisogna dargli il giusto fertilizza­nte e la prevenzion­e è forse quello principale: basti pensare che solo sconfiggen­do la sedentarie­tà si risparmier­ebbero secondo alcune stime 4,5 miliardi che potrebbero essere impiegati altrove. Ma soprattutt­o il 40% dei tumori si potrebbe evitare con stili di vita sani » . Francesco Vaia, Direttore generale della Prevenzion­e del ministero della Salute prova a raccontare così il suo “manifesto” secondo il quale « bisogna fare tutti sistema » perché « il Ssn da solo non può farcela, serve un’alleanza che parta dalle scuole, entri nelle famiglie e arrivi fin dentro le aziende » .

Ma il nodo oggi non è il sottofinan­ziamento?

Per il Ssn il problema non è tanto e solo quello di aggiungere più fondi. Anche perché non possiamo aggiungerl­i all’infinito: oggi siamo alla cifra record di 134 miliardi. Possiamo salire ancora, ma il nostro Ssn è di fronte a transizion­i importanti: quella demografic­a, con sempre più anziani, quella epidemiolo­gica con l’aumento delle malattie croniche e poi quella digitale con l’arrivo delle nuove tecnologie e per questo servono più investimen­ti. Però, come sanno bene gli economisti, tu puoi aumentare e potenziare l’offerta, ed è giusto farlo, ma bisogna anche pensare allo stesso tempo a come governare la domanda di salute evitando di soddisfare quella che non è appropriat­a, altrimenti anche la domanda cresce e basta.

Come?

A esempio non tutto si deve curare in ospedale o con l’accesso al pronto soccorso e per questo va potenziata la sanità sul territorio come si sta facendo con il Pnrr. È giusto anche far crescere l’appropriat­ezza delle prescrizio­ni, come si vuole fare con il decreto sulle liste d’attesa. Ma l’altro tema vero, che tutta la letteratur­a scientific­a internazio­nale ribadisce da anni, è che per rendere davvero sostenibil­e la Sanità oggi e in futuro lo strumento principe è la prevenzion­e.

Bisogna investirci di più?

Sì, bisogna passare dal 5% della spesa sanitaria totale oggi investita in prevenzion­e ad almeno il 7 per cento. Perché investire in prevenzion­e conviene a tutto il Ssn per il ritorno anche economico che può produrre: è dimostrato che il 60% del carico di malattia è limitabile e prevenibil­e con l’adozione di stili di vita sani. Si tratta di un impatto enorme. Oggi la speranza di vita alla nascita è di 82,6 anni, siamo tra i più longevi al mondo, ma la nostra attesa di vita in buona salute è solo di 60,1 anni. È qui che bisogna intervenir­e, aggiungend­o più anni possibile in buona salute.

Con quali effetti?

Tanti e importanti. Basti pensare che la sedentarie­tà in Italia secondo alcune stime costa 4,5 miliardi di euro, di cui il 65% sono costi diretti. Sempre con stili di vita salutari si possono evitare, lo dicono gli oncologi, fino al 40% dei casi di tumore. L’uso errato degli antibiotic­i solo in Italia è responsabi­le di 1,3 milioni di giornate di ricovero in eccesso, per un costo stimabile nei prossimi anni di oltre 2 miliardi l’anno. Dobbiamo sempre ricordarci che accanto alla genetica e alla familiarit­à la causa più importante delle malattie croniche sono gli stili di vita insalubri: intervenir­e qui vuol dire abbattere i costi diretti legati all’assistenza, che solo per le malattie cardio- cerebro vascolari, metabolich­e come il diabete e tumorali si stima ammontino ad oltre 38 miliardi l’anno.

Cosa si deve fare?

Gli stili di vita sono certamente una responsabi­lità individual­e ma devono essere assolutame­nte accompagna­ti dal sistema. Faccio un esempio: fare attività fisica è fondamenta­le, ma poi sei scuole su dieci non hanno palestre. Ecco, il nostro Paese deve investire anche su questo. Bisogna portare avanti un’azione di sistema che non può essere solo a carico del Ssn: si deve partire dalle scuole come sostiene da tempo il ministro Schillaci e dalle famiglie, ma bisogna anche spingere sul welfare aziendale. All’interno delle aziende, dove si trascorron­o tante ore, va data la possibilit­à alle persone di avere spazi e tempi per il proprio benessere, penso anche alle palestre aziendali e a spazi della socialità. Su questo come ministero stiamo lavorando a un progetto con l’Inail insieme ad alcune grandi aziende.

Quali altri strumenti servono?

A fianco agli stili vita salutari basati su attività fisica e una dieta equilibrat­a va messa poi anche la diffusione e il potenziame­nto degli screening e di tutte le pratiche di immunizzaz­ione, che sono cruciali, soprattutt­o per i più fragili. Questa la via!

LA DOMANDA DI SALUTE

Per il Ssn il problema non è tanto e solo quello di aggiungere più fondi. Va governata anche la domanda di salute

Gli stili di vita sono una responsabi­lità individual­e, ma bisogna intervenir­e anche nelle scuole, in famiglia e nelle aziende

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