Giorgia in lista ma a Bruxelles non pesano solo i voti
Il voto europeo si sta concentrando sui nomi, la questione diventa se scrivere Giorgia sulla scheda elettorale sia una trovata efficace o un trucco per personalizzare una sfida e rinviare - o nascondere - i problemi legati soprattutto alla tenuta dei conti pubblici. Ognuno dice la sua ma di certo dall’opposizione hanno seguito lo stesso copione, così Schlein è candidata in due circoscrizioni con il suo cognome in lista. Il trucco c’è ma non è solo della leader di FdI, entrambe resteranno a Roma. Certo, l’eccezione è che in Italia si candida la premier e si vedrà con quale forza elettorale andrà a Bruxelles per condizionarne le trattative sia politiche che finanziarie sulla prossima legge di bilancio.
Succede, però, che nel frastuono della campagna elettorale accadano fatti: nelle prossime ore andrà in Gazzetta ufficiale Ue il nuovo Patto di stabilità e noi siamo tra gli 11 Paesi con deficit eccessivo ( il più alto del 2023). Qui è necessario fare un breve riassunto della posizione italiana perché, oltre i voti presi dalla premier, conterà anche cosa metteremo sul tavolo negoziale di Bruxelles: innanzitutto c’è il no al Mes che blocca l’avvio del meccanismo per tutti gli altri partner Ue; il “ni” sul Patto di stabilità perché a fine anno il Governo ha dato il via libera, poi invece - una settimana fa - la destra si è astenuta al Parlamento Ue, infine, ieri al Consiglio Ue dei ministri dell’Agricoltura è arrivato il via libera formale. Guarda caso, non c’era il ministro Lollobrigida ed è toccato al sottosegretario leghista D’Eramo dare il disco verde. Insomma, nel giro di una sola settimana è di nuovo cambiato il giudizio sul Patto. Ormai il sì è definitivo e presto le regole entreranno in vigore. Tra l’altro pure il Pd si è astenuto nonostante la tradizione euro- fedele e il Commissario Ue Gentiloni ( Pd).
Accanto a questo zigzag, vanno messe in fila altre questioni: il ritardo sul Pnrr certificato dalla proposta di Giorgetti di far slittare in avanti le scadenze; il dato dei Fondi Ue 2021- 2027 da cui risulta che in tre anni la spesa italiana è sotto quota 1% ( vedi Sole 24 Ore del 24/ 4); il continuo rinvio di direttive come quella sui balneari o ambulanti. È legittimo quindi chiedersi se un consenso elettorale, per quanto consistente, possa “sanare” ambiguità e ritardi. E se la spinta popolare sia di per sé sufficiente a rafforzare una posizione negoziale dove contano pure i risultati. Ora il Governo prova lo sprint concentrando su Palazzo Chigi sia la gestione del Pnrr che dei Fondi di coesione ( oggi il decreto va in Cdm) ma anche qui sorge una domanda: si punta ad accentrare mentre in Parlamento si vota l’Autonomia differenziata?