La Ue al lavoro sul futuro: obiettivo combinare Pnrr e fondi strutturali
La discussione riguarda il destino dell’Rrf e il riordino della governance
Mentre in Italia la spesa dei fondi strutturali 2021- 2027 è ferma quasi ai nastri di partenza e l’efficacia del Pnrr resta in gran parte ancora da dimostrare, a Bruxelles è iniziato da settimane il confronto sul futuro delle politiche di investimento europee. Nei lavori preparatori del prossimo Multiannual financial framework, il bilancio comune post2027, si sta discutendo se e come razionalizzare queste due politiche, in gran parte sovrapposte.
La discussione per ora è a livello tecnico. Bisogna capire cosa fare del RRF, il Meccanismo di ripresa e resilienza articolato nei piani nazionali Pnrr, in risposta alla crisi economica innescata dal Covid. Doveva essere uno strumento immediato e temporaneo, affidato agli Stati legando i finanziamenti alle riforme, basato sui risultati e non sui costi. Come era apparso evidente sin dall’inizio, c’è una forte sovrapposizione con i fondi strutturali ( Fesr, Fse+ e Fondo di coesione europeo). Pnrr e fondi strutturali finanziano più o meno le stesse cose. Come combinare questi due strumenti? L’idea è di portare avanti il “modello Pnrr”, con una sorta di “innesto” sulla pianta della coesione. Qualcuno guarda al “modello italiano” della riforma Fitto presentata ieri ( si veda l’articolo in pagina).
Politiche diverse e sovrapposte
Le differenze ci sono e sono sostanziali: i fondi della politica di coesione, come anche quelli agricoli, hanno una forte impronta redistributiva della ricchezza e privilegiano le aree più arretrate dell’Unione secondo la logica del non lasciare indietro nessuno. Proprio per questaragione, edeccol’altradifferenza, la gestione dei fondi della coesione è in gran parte decisa sui territori e dunque affidata prevalentemente alle regioni. Sul piano dell’attuazione, inoltre, l’RRF si basa sulla performance e dunque eroga le risorse man mano che vengono raggiunti i target e realizzate le riforme, indotte se non imposte dalla Commissione e negoziate dallo Stato membro: « Calate dall’alto » dice qualcuno.
La coesione, invece, si basa sui costi effettivi dei progetti che vanno rendicontati. Solo dopo approfondite verifiche si sbloccano i pagamenti europei. I critici mettono in discussione la reale efficacia di questi progetti ed evidenziano le lungaggini della governance multilivello. Sui territori i progetti ci sono, vengono realizzati e funzionano, anche se troppo spesso non sono riconoscibili come progetti finanziati dalla coesione europea.
Uno studio presentato nella revisione di mediotermine, a marzo, riconosce che l’assenza di questa dimensione territoriale nel RRF rischia di aumentare le disparità nell’Unione e all’interno degli Stati membri, in direzione opposta agli obiettivi della politica di coesione.
A Bruxelles si vorrebbe da un lato razionalizzare la governance complessiva, per ridurre i costi di struttura, raccogliendo tutto sotto un’unica direzione generale. Dall’altro lato si cerca di valorizzare gli aspetti positivi del RRF ( rapidità di intervento) correggendone i limiti ( scarsa flessibilità) e al
Rinunciare all’approccio territoriale modello Pnrr rischia di aumentare la disparità nella Ue e negli Stati membri
tempo stesso salvando l’impronta territoriale della coesione che è più lenta ma è più adattabile man mano che cambiano le condizioni.
Coesione sotto assedio?
Non si può ignorare la realtà delle cifre: la politica di coesione assorbe un terzo del bilancio comune, circa 350 miliardi in sette anni, al pari della politica agricola. Sono sovvenzioni, a differenza del Pnrr che è in parte a fondo perduto e in parte prestiti ( che a breve bisognerà cominciare a restituire).
Molti vorrebbero mettere le mani su questo gruzzolo, la politica di coesione sembra sotto assedio. Spesso si è attinto a queste risorse per le emergenze ( dal Covid alla crisi energetica) e oggi vengono tirate in ballo per le nuove priorità Ue, dalla difesa alla competitività ( Step) alle case green. « La politica di coesione è in pericolo - ha detto pochi giorni fa a Lucca il presidente del Comitato delle regioni, Vasco Alves Cordeiro - e sempre più spesso c’è la tentazione di usarla per le nuove priorità europee. L’RRF è una via più semplice per usare i soldi, ma non è detto che sia anche più efficace. La coesione deve essere rinnovata ma bisogna mantenere la gestione condivisa e la governance multilivello » .