Il Sole 24 Ore

La Ue al lavoro sul futuro: obiettivo combinare Pnrr e fondi struttural­i

La discussion­e riguarda il destino dell’Rrf e il riordino della governance

- Giuseppe Chiellino

Mentre in Italia la spesa dei fondi struttural­i 2021- 2027 è ferma quasi ai nastri di partenza e l’efficacia del Pnrr resta in gran parte ancora da dimostrare, a Bruxelles è iniziato da settimane il confronto sul futuro delle politiche di investimen­to europee. Nei lavori preparator­i del prossimo Multiannua­l financial framework, il bilancio comune post2027, si sta discutendo se e come razionaliz­zare queste due politiche, in gran parte sovrappost­e.

La discussion­e per ora è a livello tecnico. Bisogna capire cosa fare del RRF, il Meccanismo di ripresa e resilienza articolato nei piani nazionali Pnrr, in risposta alla crisi economica innescata dal Covid. Doveva essere uno strumento immediato e temporaneo, affidato agli Stati legando i finanziame­nti alle riforme, basato sui risultati e non sui costi. Come era apparso evidente sin dall’inizio, c’è una forte sovrapposi­zione con i fondi struttural­i ( Fesr, Fse+ e Fondo di coesione europeo). Pnrr e fondi struttural­i finanziano più o meno le stesse cose. Come combinare questi due strumenti? L’idea è di portare avanti il “modello Pnrr”, con una sorta di “innesto” sulla pianta della coesione. Qualcuno guarda al “modello italiano” della riforma Fitto presentata ieri ( si veda l’articolo in pagina).

Politiche diverse e sovrappost­e

Le differenze ci sono e sono sostanzial­i: i fondi della politica di coesione, come anche quelli agricoli, hanno una forte impronta redistribu­tiva della ricchezza e privilegia­no le aree più arretrate dell’Unione secondo la logica del non lasciare indietro nessuno. Proprio per questaragi­one, edeccol’altradiffe­renza, la gestione dei fondi della coesione è in gran parte decisa sui territori e dunque affidata prevalente­mente alle regioni. Sul piano dell’attuazione, inoltre, l’RRF si basa sulla performanc­e e dunque eroga le risorse man mano che vengono raggiunti i target e realizzate le riforme, indotte se non imposte dalla Commission­e e negoziate dallo Stato membro: « Calate dall’alto » dice qualcuno.

La coesione, invece, si basa sui costi effettivi dei progetti che vanno rendiconta­ti. Solo dopo approfondi­te verifiche si sbloccano i pagamenti europei. I critici mettono in discussion­e la reale efficacia di questi progetti ed evidenzian­o le lungaggini della governance multilivel­lo. Sui territori i progetti ci sono, vengono realizzati e funzionano, anche se troppo spesso non sono riconoscib­ili come progetti finanziati dalla coesione europea.

Uno studio presentato nella revisione di mediotermi­ne, a marzo, riconosce che l’assenza di questa dimensione territoria­le nel RRF rischia di aumentare le disparità nell’Unione e all’interno degli Stati membri, in direzione opposta agli obiettivi della politica di coesione.

A Bruxelles si vorrebbe da un lato razionaliz­zare la governance complessiv­a, per ridurre i costi di struttura, raccoglien­do tutto sotto un’unica direzione generale. Dall’altro lato si cerca di valorizzar­e gli aspetti positivi del RRF ( rapidità di intervento) correggend­one i limiti ( scarsa flessibili­tà) e al

Rinunciare all’approccio territoria­le modello Pnrr rischia di aumentare la disparità nella Ue e negli Stati membri

tempo stesso salvando l’impronta territoria­le della coesione che è più lenta ma è più adattabile man mano che cambiano le condizioni.

Coesione sotto assedio?

Non si può ignorare la realtà delle cifre: la politica di coesione assorbe un terzo del bilancio comune, circa 350 miliardi in sette anni, al pari della politica agricola. Sono sovvenzion­i, a differenza del Pnrr che è in parte a fondo perduto e in parte prestiti ( che a breve bisognerà cominciare a restituire).

Molti vorrebbero mettere le mani su questo gruzzolo, la politica di coesione sembra sotto assedio. Spesso si è attinto a queste risorse per le emergenze ( dal Covid alla crisi energetica) e oggi vengono tirate in ballo per le nuove priorità Ue, dalla difesa alla competitiv­ità ( Step) alle case green. « La politica di coesione è in pericolo - ha detto pochi giorni fa a Lucca il presidente del Comitato delle regioni, Vasco Alves Cordeiro - e sempre più spesso c’è la tentazione di usarla per le nuove priorità europee. L’RRF è una via più semplice per usare i soldi, ma non è detto che sia anche più efficace. La coesione deve essere rinnovata ma bisogna mantenere la gestione condivisa e la governance multilivel­lo » .

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