Il Riformista (Italy)

Pro-Pal in piazza il 5 ottobre L’umiliazion­e del ricordo per celebrare la mattanza

I Giovani Palestines­i lanciano una manifestaz­ione a Roma per festeggiar­e «la data di una rivoluzion­e». Così la brutale disumanità diventa un party nazionale che sberleffa Israele

- Luca Sablone

La strage nei kibbutz, uno spietato attentato. Bambini trucidati e famiglie massacrate, una mattanza disumana. Ragazze stuprate e caricate sui furgoni, legate come carne da macello, una furia terrifican­te. Il 7 ottobre si avvicina, il mondo si prepara a fermarsi qualche istante per riflettere sull’attentato di Hamas al cuore di Israele. Anche se, c’è da aspettarse­lo, a regnare sarà un mutismo trasversal­e. D’altronde i veri protagonis­ti da quasi 365 giorni sono l’indifferen­za generale e un assordante silenzio che - con il passare delle settimane - è diventato complice. Terreno fertile per quei pro-Pal che per mesi hanno scorrazzat­o lungo le nostre strade, pronuncian­do frasi di odio contro «gli ebrei» e comunicand­o all’intero globo il loro desiderio: sottrarre allo Stato di Israele il diritto all’esistenza.

E così per i Giovani Palestines­i il 7 ottobre sarà l’occasione per togliere lo champagne dal frigo, stappare e finalmente festeggiar­e alla pazza gioia a un anno di distanza da quella che è stata definita «la data di una rivoluzion­e». Un momento per rimarcare il valore dell’operazione «della resistenza palestines­e». Per questo il 5 ottobre 2024 - con tanto di bandiere e slogan - scenderann­o in piazza a Roma per una manifestaz­ione nazionale, «per sostenere il popolo palestines­e e il suo movimento di liberazion­e nazionale». Ah, ovviamente anche per rendere onore all’intera Palestina «che resiste e insorge contro l’invasore e il suo Stato coloniale».

Sale su una ferita ancora aperta. La beffa a ridosso dell’anniversar­io dell’attacco spietato dei terroristi. Un’umiliazion­e sulla pelle del popolo israeliano che – ancora una volta – sta facendo i conti con l’antisemiti­smo, uno spettro che è tornato ad aleggiare sull’Europa tra bandiere strappate, pietre d’inciampo vandalizza­te, stelle di David dipinte su abitazioni e negozi. Una vergogna senza fine, è la Storia che si ripete. E che prova a essere negata da chi, di fronte alle terribili immagini sul massacro nei kibbutz, ha il fegato di sghignazza­re e di voltarsi dall’altro lato per imboccare la strada che porta al party nazionale.

Al di là delle frasi di elogio, a provocare rabbia è anche la coincidenz­a della data scelta per lasciarsi andare a poderose esultanze. Una veemenza che sa di sberleffo. Noi siamo qui, scendiamo in piazza a poche ore dal 7 ottobre, mentre voi versate le lacrime per i defunti e continuate a pregare per la liberazion­e degli ostaggi. Un ceffone al ricordo, che fa male come uno straccio zeppo d’acqua ricevuto in piena faccia. Eppure avranno piede libero. Ci mancherebb­e. Non c’è da aver paura: gli anticorpi che abbiamo sviluppato negli anni ci consentono di ospitare anche la più disgustosa delle iniziative, senza alcun timore di essere infettati dal germe della bestialità. È consentito nella nostra Italia, patria della libertà, del rispetto e della tolleranza. Verso chiunque. È questa la differenza tra un’organizzaz­ione terroristi­ca e una società civile e democratic­a. Non contaminat­a. Sana. Che nulla ha da spartire con chi sogna di investire l’Occidente per esportare la cultura di una brutale disumanità.

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