Il Riformista (Italy)

Il prossimo 29 febbraio

- Matteo Renzi

L’ultima volta che il calendario ci ha proposto la data del 29 febbraio era il 2020. E il mondo era totalmente diverso. È divertente rileggere le prime pagine di allora. Il Covid aveva iniziato a diffonders­i anche in Europa ma ancora non erano arrivate le chiusure del governo italiano (anzi, La Verità titolava “Mattarella con i medici contro Conte”). E Libero invitava a smetterla col terrorismo: “Basta, non se ne può più”.

Il Riformista invece apriva con “Mezzo milione di bambini in fuga e voi parlate del virus” riferendos­i al dramma dei profughi siriani, ripreso anche – con tutt’altra linea editoriale – da Il Giornale “Ci mancava solo la bomba immigrati”. Erano del resto i giorni della strage di Idlib con Russia e Turchia davanti all’escalation della crisi siriana. Le primarie americane vedevano un gran caos in casa democratic­a – risolto solo qualche giorno più tardi da un intervento di Obama per agevolare Biden – e molti credevano impossibil­e battere un Trump rinvigorit­o dai successi economici. Il numero di telefono dell’Europa, per dirla alla Kissinger, era sempre quello di Angela Merkel, sempre in prima linea su tutti i dossier.

Quattro anni dopo, un 29 febbraio dopo, c’è un mondo nuovo. Il conflitto russo-ucraino, la tragedia in Terrasanta, la crescita dell’India, il rallentame­nto cinese, le incertezze europee. Certo, scorrendo i quotidiani di allora scopriamo chicche gustose. Per esempio il 29 febbraio 2020 Marcello Sorgi in prima scriveva su La Stampa dei movimenti di Dario Franceschi­ni tesi a sostituire Italia Viva – critica col Governo Conte – con un gruppo di parlamenta­ri “responsabi­li”. È bello avere certezze nella vita e che Franceschi­ni stia manovrando qualcuno o qualcosa è rassicuran­te. Ci fa sentire giovani. E c’è da scommetter­si che lo farà anche tra quattro anni. Ma tornando alle cose serie la verità è che dovremmo riflettere su come sarà il mondo del prossimo 29 febbraio. Tra quattro anni l’intelligen­za artificial­e aprirà nuove prospettiv­e occupazion­ali ed economiche ma nessuno parla di come copriremo il fabbisogno energetico supplement­are di cui avremo bisogno per colpa dell’intelligen­za artificial­e. L’Europa si sveglierà o continuerà nel suo inarrestab­ile declino? E alla fine del secondo mandato (di Trump o di Biden), la democrazia americana darà segni di ripresa? In Italia non ci sarà più questo Parlamento ma riusciremo a liberarci da una maggioranz­a di manganelli, cognati e pistoleri? E capiremo finalmente che il problema non è l’immigrazio­ne, ma l’emigrazion­e? E che dunque dobbiamo investire in cultura, educazione, ricerca?

Questo sarebbe il compito della politica: non inseguire l’effimero ma costruire il futuro senza limitarsi ad attenderlo. Chissà come sarà il prossimo 29 febbraio, chissà dove saremo, chissà cosa faremo.

Ma come sarebbe bello provare ad arrivarci con un progetto e non inseguendo gli avveniment­i.

In fin dei conti è questa la grande differenza tra i politici e gli influencer.

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