Sì, è una scatola vuota confezionata da Meloni
Piero De Luca / Deputato Pd
Premessa: un Piano per l’Africa è indispensabile. Lo è per Italia, Europa e Africa, ormai partner necessario del Vecchio continente con cui serve dialogare non in ottica assistenzialista o securitaria sulla sola immigrazione, ma reciproca di crescita e sviluppo. Lo ricordava Mario Draghi al Financial Times: l’Europa ha contato su Stati Uniti per la difesa, sulla Russia per l’energia, sulla Cina per il commercio. Ora il quadro si è sfilacciato, difficile tornare indietro. Dunque, guardare all’Africa è vitale ed è importante farlo sulla scia di progetti ampi ed articolati, secondo logica di pari riconoscimento e collaborazione. Lo ribadiva lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con un antico proverbio africano: “Da soli si va veloci, ma insieme si va lontano”. La nostra critica, quindi, non è all’idea in sé. Ma alla scatola vuota che Meloni ha confezionato, in preda –siamo abituati – alla smania di annuncite di questa destra. È l’ennesimo atto di pubblicità ingannevole del Governo, arma di distrazione di massa dai fallimenti sulla gestione migratoria e dall’irrilevanza nei tavoli europei ed internazionali. Il Piano Mattei al momento è solo una dichiarazione di intenti priva di schede, progetti o risultati attesi. E soprattutto di fondi. Le risorse annunciate in pompa magna sono già predisposte su altri capitoli, sottratti nel caso a differenti obiettivi con un ridicolo gioco delle tre carte: dei 5,5 miliardi di euro se ne prenderebbero 3 dalla lotta al cambiamento climatico e 2,5 dalla cooperazione allo sviluppo. Quasi una beffa. Imbarazzante poi che lo stesso presidente della Commissione dell’Unione africana, Moussa Faki, invitato centrale, dica di non essere stato minimamente consultato prima del vertice, per poi avvertire: “Passiamo dalle parole ai fatti. Non ci accontentiamo di promesse poi non mantenute”. Sbagliato infine escludere il mondo vero, quello del terzo settore e della cooperazione, dalla cabina di regia che abbandona incomprensibilmente anche la Farnesina. Da sola l’Italia può fare ben poco per fronteggiare la forte penetrazione sistemica in Africa, Cina e Russia. Anche di questo Meloni dovrebbe tener conto. Il suo Piano, se non inserito in una strategia globale su scala europea, è velleitario, poco competitivo. Lo dimostrano i forfait alla Conferenza di Paesi determinanti nello scacchiere africano come Sahel, Burkina Faso, Mali e Niger. E il banco vuoto della Nigeria, Paese africano più popoloso. Da sola l’Italia non potrà ottenere nessun risultato reale, al di là di parate propagandistiche. Non a caso la stessa Ursula von der Leyen a margine del Summit si è precipitata a dire che “il Piano italiano è un complemento del nostro European Global Gateway, con i suoi 150 miliardi di investimenti, che è il nostro Piano per l’Africa”. Sarebbe saggio se per una volta il Governo facesse un passo indietro e lavorasse in modo serio sul tema. Serve un progetto ampio, condiviso e adeguatamente finanziato, che coinvolga tutta l’Europa nel dialogo e nel confronto con i Paesi Africani. Ma servirebbero la rinuncia alla propaganda, una visione che la destra non ha, oltre a un cambiamento politico e culturale nell’approccio a un Continente strategico che tra meno di 80 anni vedrà triplicata la sua popolazione, raggiungendo i quattro miliardi, e che già oggi (dice l’Fmi) annovera 12 Stati tra i 20 Paesi col più alto tasso di crescita negli ultimi 5 anni. Date le premesse, il Piano del Governo è allora semplice propaganda illusoria.