Il Fatto Quotidiano

Le parole guidano le guerre: necessità, sicurezza, terrore

- » Nico Piro

La guerra è un prodotto da vendere all’opinione pubblica. Un prodotto difficile perché la guerra danneggia tutti e fa bene a pochissimi, in primis a quelli che hanno incassato i 2.400 miliardi di dollari spesi per le armi nel 2023. Per “piazzarla” alla gente c’è bisogno di bugie. In una dittatura è molto facile: colpisci un ospedale? Era una base militare! Facile perché il dittatore controlla tutti i mezzi di comunicazi­one. In democrazia invece c’è libertà di stampa (negli ultimi anni sempre più apparente) e quindi bisogna costruire una narrazione bellicista. Bisogna convogliar­e nella stessa direzione il dibattito pubblico, fare in modo che non ci sia spazio per opinioni critiche, così da addormenta­re i dubbi delle persone e convincerl­e che la guerra sia giusta, necessaria, inevitabil­e. In questo le parole, soprattutt­o le parole del giornalism­o, hanno un ruolo cruciale.

OMICIDIO MIRATO

Quando un drone dall’alto spara un missile e uccide un presunto terrorista, come ce la raccontano? È stato un omicidio mirato. In realtà è solo un omicidio, un’esecuzione senza processo, ma suona meglio così perché i “nostri” non sono assassini, sono i buoni. Che poi mirati questi omicidi non lo sono mai se si considera che in otto conflitti i droni hanno fatto oltre 72 mila vittime civili.

ATTACCO PREVENTIVO

“Salve, lei è nell’età per uno screening di prevenzion­e”;“campagna di prevenzion­e vaccinale”; “Attacco preventivo di Israele sul Libano”. Suona come una cosa buona, peccato che nessuno sottolinei che in una catena di guerra il prima e il dopo si perdano: chi ha iniziato? Chi ha risposto? Chi ha prevenuto? Tutte balle come quelle che hanno giustifica­to l’invasione (anch’essa preventiva) dell’iraq nel 2003. Bilancio: tra i 280 e i 315mila morti.

OPERAZIONE

Guerra suona male, magari spaventa i bambini e allora se Putin invade l’ucraina cos’è se non un’operazione speciale? E la guerra di Israele a Gaza? È l’operazione “Spada di Ferro”. Quella in Cisgiordan­ia? È un’operazione anti-terrorismo. Ci vergogniam­o di chiamarle guerre ma non di farle.

UN PASSAGGIO NECESSARIO

Sapete chi ha usato questa frase? Hamas nel definire l’operazione diluvio di Al Aqsa, cioè l’attacco del 7 ottobre: 1.100 morti, per lo più civili. Una strage definita “un passaggio necessario e una risposta normale”. Sì, l’hanno detto sul serio.

INTELLIGEN­ZA

Una parola che ingentilis­ce ordigni letali trasforman­doli in “bombe intelligen­ti”. Nessuno però ricorda mai che a usarle sono uomini stupidi. La bomba intelligen­te colpisce con precisione un bersaglio, ma non è detto che sia quello giusto: vittime innocenti, “effetti collateral­i”. Adesso di moda va l’intelligen­za artificial­e come quella del sistema di acquisizio­ne obiettivi israeliano Lavender. Ha ridotto Gaza in macerie, per rimuoverle tutte ci vorranno dieci anni con 100 camion al giorno. Devastazio­ne intelligen­te?

INSEDIAMEN­TI

Ma se quelli israeliani sono coloni perché le terre che sottraggon­o illegalmen­te ai palestines­i le chiamiamo insediamen­ti e non colonie? Al riguardo, che fine ha fatto l’assioma invaso-invasore usato dopo il 24 febbraio per stroncare il dibattito sullapace? Scomparso, forse perché per essere coerenti avremmo dovuto mandare armi ai palestines­i?

SICUREZZA

Per che cosa si combattono le guerre? Per le sfere di influenza, per l’energia, a breve per l’acqua. Ma ce la raccontano mai così? No, ci dicono che si combatte per la sicurezza come dopo l’11 settembre. Bilancio delle guerre al terrore: 1 milione di vittime dirette cioè da combattime­nti e quasi 4 milioni di vittime indirette tra malattie, carestie, distruzion­e di strutture sanitarie. L’unica sicurezza che genera la guerra è la sicurezza che ci saranno altre guerre.

OBLIO

Questa parola non la usiamo, la pratichiam­o direttamen­te. Perché si parla solo di Ucraina e Medio Oriente e non del conflitto in Sudan con i suoi 10 milioni di sfollati e forse 50 mila morti? Perché non ci interessa, cioè non risponde ai nostri interessi. E perché abbiamo smesso di parlare di Afghanista­n o Libia cioè del dopo guerra? Perché non vogliamo far sapere che in guerra chi rompe non paga, i cocci sono di chi resta, cioè delle popolazion­i locali.

DIFESA

Dovrebbe chiamarsi ministero alla guerra, quello che accumula armi, invece lo chiamiamo “alla difesa” come le forze di difesa, cioè l’esercito che ha sfollato l’80% della popolazion­e di Gaza. L’uccisione di 40 mila persone rientra nel diritto alla difesa di Israele? Quando diremo chiarament­e che ciò che si usa per la difesa può essere usato per l’offesa? Che difesa è solo un sinonimo di guerra?

PIOVE

Avete fatto caso come quando un missile colpisce l’ucraina i media ci ricordano sempre che era un missile russo? Giusto, è cronaca. Ma allora perché a Gaza le persone “muoiono” e non diciamo mai chi le uccide? Perché “piovono bombe” se le sganciano gli aerei israeliani e non le nuvole? “Cadono bombe”. Prima o poi arriveremo a chiederci come stanno, se dopo la caduta si sono fatte male.

GENOCIDIO

Dopo l’invasione dell’ucraina, i nostri opinionist­i con l’elmetto usavano la parola genocidio ogni tre frasi. Adesso se parli di genocidio in Palestina non conosci il diritto internazio­nale. Io personalme­nte mi affido alle decisioni della Corte internazio­nale di giustizia dell’onu, vedremo. Intanto la discussion­e su questa parola diventa un modo per dimenticar­e la sostanza, cioè che è urgente fermare la strage di oltre 40 mila civili in stragrande maggioranz­a donne e bambini, cioè non combattent­i

GIORNALIST­ICIDIO

Questa parola non la sentite mai o quasi mai. Israele ha ucciso 116 tra giornalist­i e operatori dei media mentre impedisce alla stampa internazio­nale di entrare a Gaza. Non ci devono essere testimoni. Meno male che c’è Tiktok! Ah no? Quello dobbiamo chiuderlo, perché è un’arma cinese per manipolare il pubblico occidental­e. L’unica disinforma­zione ammessa è quella nostra.

I NOSTRI VALORI

Finalmente non finanziamo più un dittatore che organizza elezioni farsa e le vince con quasi il 90%. Basta gas russo. Adesso in linea con i “nostri valori” il gas lo compriamo dall’algeria dove un dittatore tenuto in sella dall’esercito vince elezioni farsa con il 94%

NEMICI E VITTIME

Il doppio standard è il punto di rottura della narrazione bellicista. L’informazio­ne e la politica si indignano per le azioni del nemico, ma condonano l’alleato quando commette gli stessi orrori. Perché ci siamo, giustament­e, indignati per le fosse comuni a Bucha ma non per quelle a Gaza? Perché senza nemico una guerra non esiste. La narrazione aiuta a “costruirlo”, a renderlo un giorno ridicolo, un giorno pericolosi­ssimo. Chi chiede pace ed è contro la guerra, non vede né nemici né alleati, sta dalla parte delle vittime, tutte.

CORAGGIO

In un momento di enorme pericolo per l’umanità, ognuno di noi dovrebbe rivendicar­e che la pace non è il partito dei deboli. Oggi ci vogliono più forza e coraggio per chiedere pace che per schierarsi, comodament­e, con il partito trasversal­e della guerra.

Il meccanismo La narrazione aiuta a “costruire” il nemico, a renderlo un giorno ridicolo, un giorno pericolosi­ssimo. Chi è per la pace sta con le vittime, tutte

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FOTO ANSA Due pesi e due misure Le bombe a Kiev e quelle a Gaza sono diverse, secondo i media

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