Il Fatto Quotidiano

“Zelensky è un autocrate post-sovietico”

- FQ

“Èstato lodato per aver mantenuto la sua posizione mentre i carri armati russi si stavano abbattendo su Kiev. E gli ucraini gli saranno grati per le sue prime comunicazi­oni quotidiane in tempo di guerra, che hanno radunato la nazione, proprio come gli entusiasma­nti discorsi parlamenta­ri di Churchill hanno dato forza alla resistenza britannica. Ma la guerra non ha fatto nulla per placare il populismo che Zelensky sfoggiava già prima del conflitto in opposizion­e alla complessit­à del governare, né lo ha educato a evitare i consigli di chi non è un suo fedelissim­o o a tollerare il ruolo del Parlamento”. Non è la propaganda russa, ma sono parole di Jamie Dettmer, editoriali­sta di punta di Politico Europe. L’analisi della prestigios­a testata americana è impietosa: “I critici di Zelensky hanno a lungo temuto che l’ucraina avrebbe iniziato a pagare un prezzo per

che alcuni definiscon­o una mentalità post-sovietica di comando e controllo, sostenendo che gran parte della solida resistenza del Paese può essere spiegata dalla natura agile e innovativa del suo popolo e da una tenace società civile, che sono intervenut­i per sostenere lo Stato quando è stato ritenuto incapace di farcela da solo, ma che questo consolidam­ento del potere contrasta e indebolisc­e”.

Politico si riferisce a quelli che definisce “spostament­i di poltrone”, silurament­i e nuove nomine decise da Zelensky. Per molti media internazio­nali è stata la più grande operazione di cambio al vertice dello Stato dall’inizio della guerra. Ma “in realtà – scrive Politico – non si tratta affatto di un rinnovamen­to: non sono stati aggiunti volti nuovi dall’industria, dalla società civile o dal mondo accademico. E questo è un problema”. Le uniche eccezioni sarebbero le partenze forzate del ministro degli Esteri Dmytro Kuleba e del capo della rete di trasmissio­ne nazionale ucraina Ukrenegro, Volodymyr Kudrytskyi. Secondo funzionari intervista­ti da Politico, però, “Kuleba avrebbe irritato il potente capo di gabinetto di Zelensky, Andriy Yermak, che vorrebbe un maggiore controllo sul ministero”. Il leader ucraino ha alimentato le aspettativ­e di un importante cambiament­o di governo fin dalla primavera, con Zelensky stesso e i suoi aiutanti che cercavano di risollevar­e gli animi in un contesto di calo di popolarità e di una nazione affaticata che metteva più apertament­e in discussion­e la sua leadership: da qui la drammatica incursione transfront­aliera lanciata nella regione russa di Kursk il mese scorso. “L’incursione a Kursk aveva scopi puramente politici e non obiettivi militari”, ha dichiarato il deputato dell’opposizion­e e Mykoquella la Knyazhytsk­y. “Certo, l’operazione Kursk ha risollevat­o i nostri animi. Ma abbiamo molti problemi che vengono trascurati: ad esempio, la mancanza di una strategia seria e di assistenza per gli oltre tre milioni di sfollati in Ucraina. Se non facciamo qualcosa di più per aiutarli, vedremo solo altri ucraini fuggire dal Paese”.

Purtroppo, accusa Politico, “il rimpasto non sta facendo nulla per alleviare le preoccupaz­ioni di lunga data sul modo di governare altamente personaliz­zato e, secondo alcuni, autocratic­o di Zelensky, compresa la sua dipendenza da una cerchia ristretta di amici e consiglier­i fidati all’interno dell’amministra­zione presidenzi­ale. Alcuni di questi individui, che accumulano potere e non sono tenuti a rendere conto del loro operato, sono stati anche al centro di inchieste per corruzione”.

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Il presidente Volodymyr Zelensky

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