Il governo nucleare: una nuova società e 135 mln in ricerca
Prevista la joint venture tra Enel, Ansaldo, Newcleo. E i soldi vanno a Enea
Ogni occasione è buona: l’ultima mercoledì, quando il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso ha detto in un Question time alla Camera che “la differenza sul costo dell’energia in raffronto con Francia, Germania e altri Paesi è dovuta al fatto che quei Paesi utilizzano l’energia nucleare” e che appunto il nucleare, a cui l’italia dovrebbe “aprirsi” è l’unica “soluzione strutturale al costo dell’energia”. Un nucleare “pulito e sicuro come quello di terza generazione”.
L’ITALIA, in realtà, si sta aprendo così tanto al nucleare da pensare a una newco, un “player nazionale”, per farselo in casa. “Eventualmente”, bisognerebbe aggiungere, visto che una tecnologia sviluppata di questo nucleare di ultimissima generazione – come confermano tutte le fonti e gli esperti che abbiamo potuto consultare – non esiste e ciò che finora ci si sta spartendo è una possibilità, accanto a un racconto. Che però ha delle ripercussioni pratiche: una legge entro fine anno, l’inserimento del nucleare nel Piano Energia e Clima senza Valutazione ambientale strategica, l’assegnazione di 135 milioni all’agenzia per l’energia per fare ricerca sui piccoli reattori. Insomma, quella che finora è sembrata una improbabile impresa, decantata ma priva di elementi tangibili, si ammanta nella mente del governo di una sorta di azienda di Stato formata da Enel, Ansaldo Energia e Newcleo, startup torinese che si fregia di essere all’avanguardia nella ricerca sul nucleare e che ha recentemente stretto un accordo con Saipem, gruppo quest’ultimo di infrastrutture e servizi per l’industria petrolifera che vede Eni al 31%, Cdp al 12,8%, Intesa Sanpaolo al 3%. Obiettivo di quest’ultima collaborazione: il nucleare Smr (Small modular reactor) offshore. Non c’è ancora una tecnologia ma c’è già l’idea di una società e pure l’idea di farla galleggiare.
Il ministro Pichetto Fratin, intanto, fa sapere di star lavorando a un quadro legislativo sul nucleare e più volte ha detto che l’opinione dei cittadini sarà essenziale, visto che in Italia se n’è fatto a meno per referendum. Eppure, quando ha inserito nel Pniec, il Piano nazionale di energia e clima, lo scenario che contempla il nucleare nel mix energetico italiano fino a 8 GW entro il 2050, pare si sia dimenticato di assoggettare la modifica alla Valutazione ambientale strategica (Vas). È un procedimento a cui bisogna sottoporre – si legge sul sito Ispra – “piani e programmi che possono avere un impatto significativo sull’ambiente, secondo quanto stabilito nell’art. 4 del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i ” che ha “la finalità di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione, dell’adozione e approvazione di detti piani e programmi assicurando che siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile”. Ciò che riguarda l’energia rientra in questo ambito. Ebbene, se la prima versione del Pniec del 2019 è stata sottoposta alla Vas, che prevede anche una parte di consultazione pubblica sui temi oltre che eventuali prescrizioni e raccomandazione sui progetti, l’ultima versione – ampiamente modificata al punto da inserire anche lo scenario nucleare – si è fermata alla fase di scoping, saltando tutta la seconda parte. Abbiamo chiesto spiegazioni al ministero senza ricevere risposte.
INTANTO, in un momento di stretta di bilancio, sono stati destinati più di 100 milioni di euro all’enea, l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, per fare ricerca proprio sul nucleare. L’accordo di programma, che abbiamo potuto vedere, prevede 135 milioni di euro dai fondi Ue nell’ambito “Mission innovation” destinati alle tecnologie green. Si fa riferimento proprio al Pniec e allo scenario nucleare e si identifica l’agenzia come partner per intensificare “la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie come ad esempio gli Small modular reactor ,i reattori di quarta generazione e la fusione”. Poi si legge che “le tecnologie nucleari possono contribuire anche alla cogenerazione industriale e alla produzione di idrogeno, favorendo quindi lo sviluppo di sistemi energetici ibridi”. L’accordo arriva dopo un decreto ministeriale del novembre 2023 che stabilisce di individuare “linee di azione fino al 2026”.
IL PIANO PER IL NUOVO SCENARIO MANCA LA VALUTAZIONE AMBIENTALE