Il Fatto Quotidiano

Borsa, l’auto Ue ha bruciato 142 mld

- » Nicola Borzi

Vendite in discesa per il calo del potere d’acquisto delle famiglie, costi delle vetture più alti, rallentame­nto del passaggio ai veicoli elettrici. C’è questo e altro ancora dietro l’anno orribile dell’industria automobili­stica Ue. Una crisi scoppiata in modo impression­ante negli ultimi mesi. A pagare il conto sono per primi i dipendenti e ora anche gli azionisti. Dai massimi degli ultimi 12 mesi, le azioni dei sette principali produttori europei (Volkswagen, Mercedes, Bmw, Stellantis, Renault, Porsche e Ferrari) hanno bruciato 141,7 miliardi di capitalizz­azione, con cali che vanno dal -4,8% di Ferrari al tracollo del 50,6% di Stellantis.

LA PARABOLA DISCENDENT­E

è segnata dal tracollo dell’indice Stoxx delle azioni dei principali produttori europei di auto e ricambi. Il 9 aprile l’indice segnava i massimi storici degli ultimi 22 anni, ieri era in calo del 24% dal record. Martedì le azioni di Bmw sono crollate dell’11,2%, il maggior tonfo dal Covid, per l’allarme sugli utili attesi a fine anno. Volkswagen, il primo produttore continenta­le e il secondo mondiale dietro Toyota per numero di veicoli nel 2023, la scorsa settimana ha annunciato il taglio della produzione e la possibile prima chiusura di stabilimen­ti in Germania dal 1938. I vertici si aspettano di vendere 500 mila veicoli in meno rispetto a prima della pandemia, “l’equivalent­e della produzione annua di due stabilimen­ti”, e che le vendite non torneranno per anni al record 2019.

La crisi si riflette sulle azioni: la somma della capitalizz­azione di Borsa delle sette maggiori case automobili­stiche europee oggi ammonta a 342 miliardi circa, meno della metà di quella di Tesla: un crollo di 141,7 miliardi dai massimi dell’anno. Il tracollo maggiore è quello del titolo Stellantis sorto il 18 gennaio 2021 dalla fusione della Fca, l’ex Fiat, con la francese Psa. L’azione è tornata a quei livelli in soli due mesi dai massimi storici: la capitalizz­azione si è dimezzata a 42,3 miliardi.

L’italia, in questo panorama di rovine, è il ventre molle con la filiera terrorizza­ta dal progressiv­o disimpegno di Stellantis dal Paese. Ieri l’azienda ha comunicato ai sindacati che la produzione della 500 elettrica a Mirafiori subirà una sospension­e fino all’11 ottobre. Dopo anni di crisi, il nuovo stop ha gettato la fabbrica di Torino nella disperazio­ne: “Stiamo rischiando il tracollo del sistema industrial­e torinese, Mirafiori ha la febbre altissima e l’indotto, di conseguenz­a, sta morendo. Il caso Lear è la punta dell’iceberg ma tutta la componenti­stica sta tremando. Informalme­nte gli industrial­i si lamentano con noi: sarebbe invece utile che anche loro ci mettessero la faccia e si esponesser­o”, spiega Edi Lazzi, segretario della Fiom di Torino. Ma la crisi travalica i confini dell’ex capitale italiana dell’auto. “Non più di dieci giorni fa Stellantis aveva informato le Rsa dello stabilimen­to di Pomigliano d’arco di un aumento di produzione della Panda da 315 a 395 vetture per turno al giorno e di una leggera flessione per l’alfa Romeo Tonale. Oggi la direzione ribadisce che la differenzi­azione della produzione consente di ricorrere alla cassa integrazio­ne ordinaria per quattro giorni a ottobre”, segnala la Fiom di Napoli. Intanto il governo Meloni continua a sostenere sempre più improbabil­i piani per produrre un milione di auto l’anno nella Penisola, con l’entrata di case estere. Ma la realtà è durissima.

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FOTO ANSA In Cassa all’ex Fiat

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