Borsa, l’auto Ue ha bruciato 142 mld
Vendite in discesa per il calo del potere d’acquisto delle famiglie, costi delle vetture più alti, rallentamento del passaggio ai veicoli elettrici. C’è questo e altro ancora dietro l’anno orribile dell’industria automobilistica Ue. Una crisi scoppiata in modo impressionante negli ultimi mesi. A pagare il conto sono per primi i dipendenti e ora anche gli azionisti. Dai massimi degli ultimi 12 mesi, le azioni dei sette principali produttori europei (Volkswagen, Mercedes, Bmw, Stellantis, Renault, Porsche e Ferrari) hanno bruciato 141,7 miliardi di capitalizzazione, con cali che vanno dal -4,8% di Ferrari al tracollo del 50,6% di Stellantis.
LA PARABOLA DISCENDENTE
è segnata dal tracollo dell’indice Stoxx delle azioni dei principali produttori europei di auto e ricambi. Il 9 aprile l’indice segnava i massimi storici degli ultimi 22 anni, ieri era in calo del 24% dal record. Martedì le azioni di Bmw sono crollate dell’11,2%, il maggior tonfo dal Covid, per l’allarme sugli utili attesi a fine anno. Volkswagen, il primo produttore continentale e il secondo mondiale dietro Toyota per numero di veicoli nel 2023, la scorsa settimana ha annunciato il taglio della produzione e la possibile prima chiusura di stabilimenti in Germania dal 1938. I vertici si aspettano di vendere 500 mila veicoli in meno rispetto a prima della pandemia, “l’equivalente della produzione annua di due stabilimenti”, e che le vendite non torneranno per anni al record 2019.
La crisi si riflette sulle azioni: la somma della capitalizzazione di Borsa delle sette maggiori case automobilistiche europee oggi ammonta a 342 miliardi circa, meno della metà di quella di Tesla: un crollo di 141,7 miliardi dai massimi dell’anno. Il tracollo maggiore è quello del titolo Stellantis sorto il 18 gennaio 2021 dalla fusione della Fca, l’ex Fiat, con la francese Psa. L’azione è tornata a quei livelli in soli due mesi dai massimi storici: la capitalizzazione si è dimezzata a 42,3 miliardi.
L’italia, in questo panorama di rovine, è il ventre molle con la filiera terrorizzata dal progressivo disimpegno di Stellantis dal Paese. Ieri l’azienda ha comunicato ai sindacati che la produzione della 500 elettrica a Mirafiori subirà una sospensione fino all’11 ottobre. Dopo anni di crisi, il nuovo stop ha gettato la fabbrica di Torino nella disperazione: “Stiamo rischiando il tracollo del sistema industriale torinese, Mirafiori ha la febbre altissima e l’indotto, di conseguenza, sta morendo. Il caso Lear è la punta dell’iceberg ma tutta la componentistica sta tremando. Informalmente gli industriali si lamentano con noi: sarebbe invece utile che anche loro ci mettessero la faccia e si esponessero”, spiega Edi Lazzi, segretario della Fiom di Torino. Ma la crisi travalica i confini dell’ex capitale italiana dell’auto. “Non più di dieci giorni fa Stellantis aveva informato le Rsa dello stabilimento di Pomigliano d’arco di un aumento di produzione della Panda da 315 a 395 vetture per turno al giorno e di una leggera flessione per l’alfa Romeo Tonale. Oggi la direzione ribadisce che la differenziazione della produzione consente di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria per quattro giorni a ottobre”, segnala la Fiom di Napoli. Intanto il governo Meloni continua a sostenere sempre più improbabili piani per produrre un milione di auto l’anno nella Penisola, con l’entrata di case estere. Ma la realtà è durissima.