Il Fatto Quotidiano

“I divieti sono controprod­ucenti: scuola, famiglia e sport devono stimolare di più”

Andrea Abodi

- » Virginia Della Sala

Un divieto potrebbe essere controprod­ucente, una “invasione di campo” di docenti e adulti che non gioverebbe ai più giovani: per il ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, c’è bisogno di dialogo ed educazione. E, ovviamente, promuovere sport e cultura . Il digitale può essere un alleato.

Ministro, vietare gli smartphone agli under 14 e i social agli under 16, lo sostiene anche il ministro Valditara. Cosa ne pensa?

Partiamo da un presuppost­o: abbiamo una preoccupaz­ione comune ed è il benessere dei nostri cari. Dunque, ad esempio, approvo l’idea del ministro Valditara di vietare gli smartphone in classe, la scuola è luogo dell’interazion­e e ci si deve concentrar­e sui contenuti. Ma penso che oggi anziché discutere di divieto - soluzione di difficile attuazione e che potrebbe essere controprod­ucente - ci sia bisogno di pensare a come concorrere, a come rendere complement­ari smartphone, rapporti umani e socializza­zione invece di far prevalere i primi sugli altri. Ci sono aspetti che non sono sostituibi­li su cui dobbiamo puntare.

Da dove si può partire?

Ascolto e dialogo a scuola e in famiglia, attenzione non ossessiva. Far capire il senso della misura, superata la quale si entra nella sfera della patologia. Avendo due figli, mi ci sono misurato...

Di che età?

La prima 29, devo dire che da adolescent­e non ho avuto con lei il problema di eccessi per i social. L’altro 14 ed è chiarament­e dentro qual è il tema?

Ce lo dica.

Come consentire loro di occupare gli spazi in modo più sano. Con la pratica sportiva, ad esempio.

Lei che è ministro per lo Sport... Ma anche attività culturali. Consentono di occupare la giornata in modo produttivo, sono fattori di benessere fisico e psichico e possono dare un contributo senza che siano considerat­i invasioni di campo di genitori o professori. Non c’è la presunzion­e di avere una ricetta, ma la preoccupaz­ione di evitare il solo piano del diviete: il problema. Allora to, fornendo un’alternativ­a.

Sta a noi cercare di renderli complement­ari. Cerchiamo di farlo ad esempio con gli esports, con alleanze e collaboraz­ioni tra sport praticato e digitalizz­ato in modo che quest’ultimo diventi quasi promotore. L’obiettivo è farli praticare.

Come ? Però i social oggi sono strenui concorrent­i...

I ragazzi seguono gli atleti online: possono essere d’esempio

La scuola può offrire più attività sportive, sia dirette sia collaboran­do con federazion­i e associazio­ni sportive del territorio. Si può capitalizz­are il patrimonio di testimonia­nze che arriva da olimpiadi e paralimpia­di e che sollecita curiosità e voglia di partecipar­e. Gli atleti, ad esempio, si raccontano sui social molto bene. Ecco, anche questa è una integrazio­ne che accresce il fascino dell’attività sportiva. Si deve poi aumentare il numero delle palestre scolastich­e e degli spazi dove fare sport. Bisogna allenare a una vita senza tecnologia.

E per chi non ama lo sport?

Cultura, arte, creatività. I fenomeni di disagio si contrastan­o con un approccio interdisci­plinare e facendo rete: associazio­nismo, servizio civile, corpi di solidariet­à e di pace per sottrarre spazi alla virtualizz­azione dei rapporti e all’intossicaz­ione digitale.

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