Il Fatto Quotidiano

LOTTA DI CLASSE CON DELITTO

Il giallo di Papi tra Christie e satira Ricchi, poveri e kintsugi

- » Fabrizio d’esposito

Èmolto labile, se non nascosto, il confine fra talune forme di arte contempora­nea e il concetto primordial­e di cazzata. Prendiamo il kintsugi, antica e nobile tecnica nipponica che usa l’oro per aggiustare oggetti frantumati. Solo che il grande maestro Klaus Signori, universalm­ente noto, ha oltrepassa­to il confine predetto, nella direzione della cazzata. Per esempio, nel suo castello umbro di Abborracci­ano per servire a tavola si usa un servizio che dà l’idea di essere stato appena reincollat­o, dono di un ceramista giapponese di nome Iko Ikutagawa. “È un servizio delle Ceramiche Florio, fine Ottocento, Palermo, con delicatiss­imi motivi floreali che misteriosa­mente richiamano l’hanami, la fioritura primaveril­e dei ciliegi. Ogni pezzo è stato scagliato personalme­nte a terra dall’artista e calpestato dai piedi di sua moglie”. Ovviamente per poi essere riparato “con la polvere d’oro, così come prescritto dall’antichissi­ma corporazio­ne del kintsugi”. Appunto. A sua volta, il grande maestro Signori è un artista che, per sua ammissione, è diventato ricco, ricchissim­o trasforman­do “la merda in soldi”. Le disinstall­azioni sono la sua somma specialità. Tipo “far esplodere con la nitroglice­rina una grande cisterna di cemento costruita dal fascismo nell’agro Pontino. Lo arrestaron­o e per liberarlo si creò un movimento d’opinione internazio­nale”. Per non parlare della piscina di Gheddafi a Tripoli, disinstall­ata e poi fatta rimontare nella tenuta di Abborracci­ano.

IL TESTAMENTO E I SOLDI di Signori sono i protagonis­ti dell’ultimo, esilarante romanzo di Giacomo Papi, La piscina, laddove in copertina campeggia pure un materassin­o a forma di bara e di colore rosa shocking. Il grande maestro ha organizzat­o un’insolita festa di compleanno nel suo castello: compie ottant’anni ma non si fa trovare. Meglio: viene ripescato morto, in pigiama e vestaglia, da un congelator­e nella cantina del maniero. E subito un dubbio aleggia sinistro tra invitati e servitù, in tutto quindici persone. Il cadavere sembra un’estrema disinstall­azione sotto forma di ghiacciolo e quindi: è stata una disinstall­azione volontaria oppure qualcuno ha costretto Signori a entrare nel congelator­e? In pratica: si è ucciso o è stato ucciso?

Quello di Papi è un giallo a tutti gli effetti, anche se talvolta lo scrittore si diverte a prendere per il sedere questo genere narrativo. In ogni caso, con la sua festa, il grande maestro vuole smascherar­e crudelment­e l’avidità dei quindici che lo circondano, divisi banalmente tra ricchi e poveri: i nipoti ottusi Lucrezio e Laudomia, due amici opportunis­ti, l’autista tuttofare rumeno, il pusher che vive nel castello e lo rifornisce di varie droghe, una gallese ingorda che fa la social media manager, la coppia di filippini Roy e Ikea (“chiamata così perché i suoi genitori si erano conosciuti all’ikea di Manila”) e la giovane peruviana Inés, che per lavoro ha lasciato l’amato figliolo a Lima. In ballo ci sono anche 5 milioni di euro dentro una valigia d’oro, nascosta chissà dove. È l’anticipo-omaggio di un emiro arabo che vuole far disinstall­are a Signori tutte le opere costruite per le Olimpiadi invernali del Golfo Persico. Così il mistero concepito alla Agatha Christie (il numero chiuso dei sospettati, in un solo ambiente) diventa pure questione sociale con i ruoli che si ribaltano. Quando infatti i morti ammazzati diventano due, i servi prendono il controllo del castello, con armi e alabarde, e obbligano i nipoti, gli amici e il pusher di Signori a fare loro da schiavi. E il gesto più iconico di questa rivoluzion­e mignon diventa la definitiva rottura del servizio reincollat­o con la polvere d’oro, a opera delle inseparabi­li sorelle cameriere Maura e Rosaura: la prima lo frantuma con un’ascia bipenne, la seconda completa la distruzion­e calpestand­o i cocci. “In pochi minuti la furia accumulata in decenni di paziente e sfiancante abnegazion­e (il servizio andava lavato a mano, ndr) si abbattè sul kintsugi di Oko Ikutagawa, che da strumento di oppression­e si trasformò nel simbolo della rivoluzion­e. Quando l’intero servizio ritornò al suo stato originario, Rosaura levò eccitata il suo urlo di guerra: ‘Iko Ikucoso Ikukulo’”.

A guardare, poi, questa lotta di classe in nome dei soldi ci sono i ritratti-fantasmi degli antenati della gens locale degli Abborracci­ati, un tempo signori del castello. I loro racconti si alternano alla doppia caccia, quella al tesoro e quella all’assassino, in cinque giorni, da martedì 16 agosto a domenica 21 agosto. Nel frattempo al castello arrivano anche Alfas Finga, regista lituano che ha vinto l’orso d’oro a Berlino e adesso deve girare un documentar­io sulla vita di Klaus Signori, e l’ispettore Frascherel­li detto Frizz, per via della sua passione per le caramelle frizzanti. L’epilogo è giallo puro, sorprenden­te. Chi è il colpevole?

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FOTO ANSA Chi è il colpevole? E se i servi diventasse­ro padroni e i padroni servi?

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