Chigi, il “trucco” ingrossa la paga di tutti i dirigenti
A prescindere dai risultati, una parte dei premi viene ora dirottata nell’indennità
Ohibò! Ad agosto le retribuzioni dei dirigenti di prima fascia della Presidenza del Consiglio hanno registrano aumenti dell’ordine di migliaia di euro: chi 10, chi 13 o addirittura 15 mila euro in più rispetto all’ultimo report relativo al mese di giugno. Capi dipartimento come la dirigente di lungo corso preposta al personale Diana Agosti che (accanto allo stipendio tabellare pari a 58 mila euro da sommare ai 37 mila di retribuzione di posizione fissa e ai 34 mila di premi di risultato) hanno visto lievitare da 80 mila a
95 mila l’emolumento accessorio. Idem con patate anche tra gli esterni di lusso cooptati al vertice dell’amministrazione come il già renziano Matteo Peradotto o Michele Sciscioli capo dipartimento sì caro a Giancarlo Giorgetti: anche per loro, fermi restando stipendio, retribuzione di posizione fissa e premi, la voce retribuzione accessoria s’è ingrassata, passando nel primo caso da 59 a 70 mila, e nel secondo da 78 a 92 mila.
MA SONO SOLO alcuni esempi, ché la svolta riguarda tutti ed è così clamorosa da far pensare a un blitz consumato sottobanco con il favore del solleone. Ma sugli incrementi monstre di capi struttura e degli altri grand commis di prima fascia, Palazzo Chigi è stato costretto ieri a ripubblicare i dati con una postilla chiarificatrice dopo le richieste di chiarimento del Fatto Quotidiano: “La rimodulazione della posizione variabile (l’impennata appena detta, ndr) determinerà una corrispondente riduzione in termini di somme complessivamente erogate a titolo di indennità di risultato tale da rendere neutrale la suddetta rimodulazione e da lasciare invariato il trattamento economico complessivo”. Insomma, un’operazione a costo zero, anche se bisogna attendere il “conguaglio” promesso.
Epperò lo spostamento delle poste registrato a partire dal mese in corso non è comunque neutro: la retribuzione di posizione variabile ora gonfiata è certa e fa status per la pensione, spiega una fonte autorevole della presidenza. Mentre l’indennità di risultato che da ora in poi sarà meno ricca, no. Risultato: nel cambio ci si guadagna comunque. Dove c’è gusto non c’è perdenza.
LA VICENDA
riguarda il “premio” di risultato per i dirigenti della presidenza del Consiglio, che vale da solo tra i 30 e gli oltre 34 mila a cranio. A differenza degli altri emolumenti viene corrisposto l’anno successivo “previa valutazione positiva” del raggiungimento degli obiettivi assegnati. Resta dunque, rispetto alle altre voci che compongono il trattamento economico, un introito aleatorio anche se solo in teoria, come ha ben rappresentato a maggio in un report la Corte dei Conti. Che ha stroncato il sistema lasco a dir poco con cui in Italia si fanno questo tipo di valutazioni, almeno nei ministeri: “I risultati emersi evidenziano l’appiattimento verso l’alto delle valutazioni del personale, la conseguente attribuzione di premialità senza adeguati presupposti meritocratici e l’insufficiente efficacia del sistema di misurazione e valutazione, inidoneo a determinare in maniera uniforme e pienamente adeguata la qualità delle prestazioni...” ha scritto la Corte rispetto al controllo eseguito nel triennio 2020-2022.
La regola sembrerebbe quella della diffusa indicazione di obiettivi particolarmente bassi e autoreferenziali, oltre alla scelta di indicatori di performance poco sfidanti. Risultato: zero tituli, ma comunque riconoscimenti in denaro per tutti ad arricchire stipendi già da leccarsi i baffi anche se mai come quelli di Palazzo Chigi dove in dieci anni le retribuzioni lorde medie per i dirigenti di prima fascia sono passate da circa 180 a 238 mila euro (+29%). Ma torniamo ai premi: il ministro della Pa Paolo Zangrillo ha annunciato che il sistema di valutazione dei risultati cambierà. A Palazzo Chigi hanno fatto ancora meglio: risultati raggiunti o meno a fine anno, una bella fetta del premio di risultato adesso sarà comunque incassata mensilmente come retribuzione di posizione.