Megamissili e rinforzi russi per frenare la contro-invasione
Le regioni di Belgorod, Kursk e Bryansk in regime d’emergenza. Sono 76 mila gli evacuati. I nazionalisti contro Gerasimov
Il nuovo fronte ucraino è russo; è “regime speciale antiterrorismo” nelle regioni di Belgorod, Kursk e Bryansk: l’fsb monitora comunicazioni e movimenti di tutti. Il Cremlino colto di sorpresa dalla più grande operazione ucraina oltre confine dall’inizio del conflitto nel febbraio 2022 ricorre alle testate termobariche contro un nemico che ha compiuto la mossa più inimmaginabile di tutte. A Kursk e oltre. L’esercito russo, rende noto la Difesa, ha usato nel contrattacco anche Iskander-r e il cacciabombardiere supersonico multifunzionale Su-34. Zelensky spiega di nuovo il perché dell’operazione: “per spingere la guerra nel territorio dell’aggressore”. Tre generali ucraini e il capo della guardia nazionale Pivnenko, una delle menti dell’operazione (ma a riferirlo sono le chat dei nazionalisti russi) potrebbero essere stati colpiti. Emergenza anche alla Rosatom, agenzia atomica statale: i soldati nemici sono “minaccia diretta”. Secondo alcuni analisti gli ucraini sono riusciti a penetrare in 250 chilometri quadrati di territorio nel fianco scoperto dei russi, grazie a una resistenza flebile o fantasma, assente perché impiegata al fronte, sfruttando l’effetto sorpresa e interferenze nelle comunicazioni con cui hanno confuso il nemico. Il risveglio dell’intraprendenza militare di Kiev ha messo sotto scacco più snodi energetici: oltre il gasdotto a Kursk, ieri – ha riferito Dmytro Pletenchuk, portavoce della Marina ucraina – scontri con l’esercito tricolore presso una piattaforma di gas nel Mar Nero. Un bilancio di 40 soldati russi deceduti. Mentre Teheran smentiva all’onu di aver fornito centinaia di missili Fath-360 all’alleata Mosca, anche Minsk si allarmava dopo aver abbattuto droni ucraini nei suoi cieli: il presidente Lukashenko ha ordinato lo schieramento dell’esercito a Homel per sigillare il confine.
NELLA CORSA CONTRO
il tempo dei russi per costringere gli ucraini al dietrofront è stata compromessa l ’ imm agi ne dell’inviolabilità del confine della Federazione, ma una vittoria di questo affondo di Kiev è già stata definitivamente inflitta: i funzionari russi che parlano anonimamente con i media indipendenti riferiscono di uno “schiaffo in faccia” al presidente, che non aveva l’umore così furibondo dai giorni del 2022, quelli del ritiro da Kherson. Il Cremlino continua a chiamarla “provocazione su larga scala”, ma l’errore di chi doveva prevenire l’incursione che ha costretto quasi 80 mila civili all’evacuazione è evidente. Per i nazionalisti russi ne ha responsabilità il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, che non avrebbe prestato abbastanza attenzione alle allerte lanciate dei servizi segreti sull’ammassamento di truppe ucraine alla frontiera, ben due settimane prima del giorno dell’assalto. (Sono gli stessi canali su cui si chiede la testa di chi ha permesso la distruzione di una colonna militare a Oktyabrskoye, distretto Rylsky).
Sorpresi quanto i russi dalla mossa del comandante delle forze armate Oleksandr Syrskyi, finora temuto per la sua tendenza a sacrificare manpower contro un nemico numericamente superiore, anche gli alleati americani che sanno che gli ucraini non rimarranno a lungo su suolo russo. Ma l’umore delle truppe è risollevato, come l’attenzione degli occidentali e dei loro giornali. Ogni giorno che trascorre dal 6 agosto è una conquista simbolica per la squadra Zelensky: non va misurata strettamente in chilometri quadrati sotto controllo, ma in termini di tempo. E di lentezza della risposta del nemico che ha dovuto dislocare truppe e rinforzi dal fronte, aprire check point, proprio come in zona di guerra, nella pancia del suo Stato. L’azzardo ucraino è servito anche a smentire giudizi quasi unanimi su una controffensiva giudicata finora insufficiente anche dagli alleati, un tiro ai dadi riuscito che potrebbe aiutare a piegare la Russia, per obbligarla a sguarnire il fronte di guerra e indietreggiare in Ucraina. Arrivare dunque più debole ai tavoli di un potenziale negoziato. Sono trascorsi ormai trenta mesi di conflitto, aumentano i timori di un potenziale arrivo di Trump alla Casa Bianca, una fetta di ucraini è sempre più incline ai negoziati.
Ma Kursk sarà d’ora in poi non solo il nome di una delle prime spine nel fianco del governo Putin, ma anche una delle più gravi sconfitte russe di questa guerra. Kursk si chiamava il sottomarino nucleare che nell’agosto del 2000 affondò uccidendo oltre cento marines russi. Un quarto di secolo dopo, con lo stesso presidente, è sempre Kursk ed è sempre agosto. Ma è un altro naufragio.
L’ALLARME IN ALLERTA L’AGENZIA NUCLEARE STATALE ROSATOM