Nel 2024 è boom delle entrate E la voragine del Superbonus?
Bankitalia e l’assestamento di Bilancio del governo certificano che lo Stato incassa e incasserà assai più del previsto, ricorrendo meno al mercato: sparito il buco dei bonus edilizi
Un boom delle entrate. Così l’hanno descritto numerosi quotidiani e in effetti è questo che si ricava dalla lettura dell’ultimo documento “fabbisogno e debito” di Banca d’italia e dalla legge per l’assestamento di bilancio 2024: le entrate dello Stato italiano viaggiano molto al di sopra delle attese. La pubblicazione mensile di Banca d’italia evidenzia un aumento delle entrate delle amministrazioni centrali pari a 25,4 miliardi di euro nei primi cinque mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Inoltre, sulla base dei numeri contenuti nell’assestamento 2024, il governo ritiene che questo aumento del gettito è destinato ad andare anche ben oltre le stime fatte nella Legge di bilancio: nel 2024 le entrate saranno più elevate di 24,6 miliardi rispetto a quanto preventivato, l’1,1% abbondante del Pil.
A guidare questo miglioramento è la componente tributaria, principalmente delle imposte dirette (Ires e Irpef ), mentre da quelle indirette il governo si attende di incassare meno di quanto aveva messo in conto. Sebbene non ci siano giustificazioni ufficiali per questi numeri, è ragionevole ipotizzare che sia dovuta in modo principale alla dinamica del mercato del lavoro, con il tasso di occupazione che a giugno si mantiene ancora su livelli record e superiori a quello ipotizzati a fine 2023. Viceversa, la revisione al ribasso di quanto verrà incassato dalle imposte indirette rafforza l’ipotesi che, con il calo dell’inflazione, anche il suo effetto “benefico” sui conti pubblici sia ormai in esaurimento.
GOVERNO E MAGGIORANZA
non hanno perso tempo nel rimarcare questo risultato. È però singolare che questo avvenga dopo mesi in cui si è sostenuto che il Superbonus aveva creato una voragine senza precedenti nei conti pubblici. I bonus edilizi sono stati certo costosi e utilizzati oltre ogni aspettativa, ma ci sono sempre più evidenze che anche il loro impatto economico sia stato tutt’altro che trascurabile in termini di crescita economica, con conseguente impatto su occupazione ed entrate fiscali. L’assestamento 2024 indica che la differenza tra le maggiori uscite, in buona parte legate all’utilizzo oltre le stime dei bonus edilizi, siano interamente compensate dalle maggiori entrate, determinando un saldo netto da finanziare sostanzialmente in linea con quanto preventivato a bilancio e un ricorso al mercato più basso di circa 8 miliardi in termini di cassa. Questi dati paiono così aver messo in sicurezza i conti dello Stato ed evitato una manovra correttiva in corso d’anno: la voragine del 110% si è riempita di nuove entrate fiscali.
Questo non vuol dire che il percorso verso la prossima legge di bilancio non resti accidentato, complicato dalla procedura per disavanzo eccessivo avviata dall’ue e da una crescita che mostra segni di affanno. A settembre, con la presentazione del piano strutturale di bilancio di medio termine, l’italia dovrà tener conto delle raccomandazioni della Commissione europea per riportare al 3% il deficit: l’aggiustamento richiesto è nell’ordine dei 12 miliardi di euro (l’anno per sette anni). Non aiutano le previsioni di crescita dell’economia italiana, riviste al ribasso da molti istituti di analisi: gli investimenti in abitazioni, finora uno dei principali motori della ripresa, sono in deciso rallentamento e l’attuazione del Pnrr procede a un ritmo tale da non compensarne gli effetti sulla crescita. Non ci sono tracce di altre misure di sostegno alla crescita e anche il taglio del cuneo contributivo ha avuto minimi effetti sui consumi. Le ultime previsioni di Banca d’italia, le più pessimiste, collocano la crescita reale nel 2024 a +0,6% e se anche il deflatore del Pil dovesse confermarsi in rallentamento, come sta avvenendo all’inflazione, la crescita nominale per l’anno in corso sarà sensibilmente inferiore al +3,7% previsto ad aprile, facendo saltare i rapporti tra Pil, deficit e debito.
A mero titolo di esempio: ipotizzando che il ricorso al mercato rimarrà quello fissato a bilancio e confermato in sede di assestamento, se l’incremento del Pil nominale dovesse fermarsi al 2,6% (+0,6 reale e +2 di deflattore), il rapporto debito/pil salirebbe al 139,3%, ben oltre il 137,8% stimato nel Def e due punti in più rispetto alla fine dello scorso anno.
Il governo si troverà in autunno stretto tra le richieste di consolidamento in arrivo da Bruxelles e la necessità di non deprimere ulteriormente la crescita. Un compito tutt’altro che semplice e che l’aumento delle entrate certificato in queste settimane non ha, come detto, alleviato. Finora le decisioni complicate sono sempre state giustificate con la “voragine senza precedenti” del Superbonus, voragine che poi in effetti non c’era. Vedremo a quale altro capro espiatorio proveranno ad aggrapparsi.
OSTACOLI INFLAZIONE E CRESCITA BASSA: DIFFICILE LA MANOVRA PER IL 2025