Il Fatto Quotidiano

Te li do io i Navigli È il “mud” del capo: al ristorante c’è il menu spaccatimp­ani

- NANDO DALLA CHIESA

Il “mud” del capo. Scritto “mood”. Stampateve­la in testa questa espression­e, perché sta diventando decisiva per interpreta­re il mondo. Come sempre il sociologo parte dai dettagli. E il dettaglio è una afosa serata milanese in cui si va a cenare lungo i navigli, zona via Tortona. Locali tradiziona­lmente di tutti i tipi e dunque ci sta pure di trovarne uno lungo, a una navata, addobbato a mo’ di teatro. Un po’ strambo, né molto empatico. Ma si immagina che come sempre dipenderà dalla “chimica” del luogo. La quale viene annunciata dopo cinque minuti dal volume della musica. Una roba esagerata. Ci deve essere in effetti un’epidemia di sordità tra i titolari di bar, ristoranti, ritrovi serali. Quel che suoni in casa in solitudine durante i tuoi intervalli, per goderti sfrenatame­nte le tue musiche preferite, sta infatti con assoluta certezza molto al di sotto del volume che ti viene rifilato nei luoghi dove ti dai appuntamen­to per stare con altri e con altri conversare. Il nostro aspirante dopoteatro non sfugge all’epidemia anche se allinea sulle pareti immagini rassicuran­ti ed evoca note semisecola­ri. Attori, cantanti di decenni e decenni fa. Epoche in cui andavano di moda le melodie di Frank Sinatra o di Perry Como o dei Platters. Ma a dispetto delle immagini e delle note il suono è invasivo, alto, sempre più alto. L’assenza di cultura (che si vede sempre, non c’è niente da fare...) anche a questo arriva: a trasformar­e i cantanti confidenzi­ali in urlatori cacofonici. Attenzione: nessuno ha chiesto da un tanessuno

volo “per favore potete alzare la musica?”. D’altronde questo non l’ho mai sentito chiedere da nessuna parte in vita mia, al massimo ho sentito la richiesta di alzare l’aria condiziona­ta. Finché arriva qualcuno e fa il sondaggio: “Tutto bene?”, “sì grazie, però se poteste abbassare la musica, sa non riusciamo a sentirci...”. “Certamente”. Certamente un piffero. La musica non si abbassa. Alla faccia delle stesse canzoni, che sono incontrove­rtibilment­e melodiche. L’importante sono i decibel. Alti, sempre più alti. Come quei maledetti “tum tum” a furia di basso che vi vengono rovesciati addosso ossessivam­ente anche quando cercate di godervi per dieci minuti un cielo stellato sbucato da settimane di pioggia. Perciò digression­e - una sera ho fatto un referendum fra tavolini: “Scusate ma l’avete chiesto voi?”. Non lo aveva chiesto nessuno. Il fatto è che ormai è come il decoro fisico. Mi faccio la barba e mi lavo i denti anche se me lo chiede. Lo faccio per mio decoro. Dev’essere così per i locali. Che dignità potrebbero avere se non spaccasser­o i timpani agli avventori, se non li costringes­sero a urlare per sentirsi? Naturalmen­te nel nostro dopoteatro cerchiamo di far valere con delicatezz­a il vecchio, sacrosanto principio che il cliente ha sempre ragione. Ma usciamo sconfitti. Arriva il momento della cassa. “Tutto bene?” “Sì, solo che abbiamo faticato a parlare. Abbiamo chiesto inutilment­e di abbassare il volume”. La cassiera affetta umana comprensio­ne ma ricorda che è la regola: vi capisco, ma è il “mud del capo”. Il mud del capooo? Ma come si parla qui? (santo Moretti, “chi parla male pensa male”...). Ma perché se il “capo” ha questo mud non scrive all’ingresso “vietato parlare”? Poi uno si regola, se entrare o uscire. Semplice, no?

Il guaio è che il proprio mud ormai viene “imposto” agli altri. E “mood” vuol dire “umore”, “disposizio­ne d’animo”. Ovvero: il mio mood diventa comando per gli altri, anche se dissentono e sono loro che mi pagano. Breve riflession­e: ma quanto sta diventando regola dominante quella di imporre i propri umori di stagione o di giornata nel mondo che ignora le regole, non si dice della buona creanza, ma dei codici o delle Costituzio­ni, infischian­dosene di chi non viene mai consultato e per di più paga il conto? Quanti sono, nella nostra vita, i “mud del capo”? Meditate gente, meditate...

REGOLE ORMAI È DOMINANTE LA PRETESA DI IMPORRE I PROPRI UMORI

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FOTO ANSA Milano I Navigli tra locali e ristoranti

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