Il Fatto Quotidiano

Robin Hood, Einstein o Garibaldi sono poco davanti a Brian Clough

Nottingham nel mito della “foresta”

- » Paolo Ziliani

“Eravamo io, Muhammad Ali, Bob De Niro, Gabriel Garcia Marquez e Sergio Leone”, è la storica frase tramandata ai posteri da Gianni Minà, il giornalist­a che i grandi del mondo li conosceva e frequentav­a davvero. Ebbene, immaginate ora che qualcuno con la stessa non chalance vi dica: “Eravamo io, Robin Hood, Giuseppe Garibaldi, Isaac Newton, Albert Einstein e D.H. Lawrence”. Come dite? Lo mandereste al diavolo? Beh, fareste male. Perché quella frase c’è davvero chi può dirla: solo, non una persona, è un club di calcio. Il Nottingham Forest. L’unico club al mondo che vanta più Coppe dei Campioni vinte (2) che titoli nazionali (1). L’unico club vincitore di Coppe Campioni ad essere finito poi in Serie C. L’unico club al mondo a vantare una storia che mette insieme Robin Hood, Garibaldi ed Einstein. Assurda? Macché: vera.

È il 1862 quando nella Contea di Nottingham, quella della foresta di Sherwood delle leggendari­e gesta di Robin Hood, nasce il primo club di calcio. È il Notts County. A fondarlo è un certo Richard Daft che ha un fratello con cui non va molto d’accordo: e che tre anni dopo assieme a 14 amici fonda per ripicca il Nottingham Forest, chiamato così perché gioca le sue partite sul prato del Forest Recreation Ground, nella foresta di Sherwood. È il 1865 e la cerimonia di fondazione avviene al Clinton Arms Hotel: dove 65 anni dopo, il 6 giugno 1930, su invito del professor Bose dell’university College, conosciuto in un campo d’internamen­to durante la prima guerra mondiale, Albert Einstein interverrà per parlare e illustrare la teoria della relatività giungendo in ritardo perché, avvicinand­osi a Nottingham, non resisterà alla tentazione di deviare in direzione Grantham per visitare la casa natale di Isaac Newton. Per la cronaca: l’university College conserva ancora nei suoi archivi la lavagna con i calcoli scritti di proprio pugno da Einstein quella sera.

Luogo non banale, insomma, il Clinton Arms Hotel. A un passo dal quale, in Shakespear­e Street, c’è la libreria dove un lontano giorno prenderà l’abitudine di andare a studiare un certo David Herbert Lawrence, figlio di Arthur John, minatore, e di Lydia Beardsall, maestra; il futuro scrittore, poeta e saggista grande innovatore della letteratur­a inglese (ai tempi incompreso: una sua opera, The Rainbow, venne processata nel 1915 per oscenità, sequestrat­a, ritirata dalle librerie e distrutta).

Fondato il club e battezzato col nome di “Forest”, i 15 amici si trovano ora a dover decidere quali colori sociali adottare: ma non ci sono discussion­i.

Scelgono all’unanimità divise di flanella rosse in omaggio alle camicie rosse di Giuseppe Garibaldi che un anno prima, nel 1864, era stato in visita in Inghilterr­a accolto come una specie di Che Guevara ante litteram. La fama dell’unificator­e d’italia in quei giorni oscura quasi quella del ladro gentiluomo Robin Hood: e nessuno ha dubbi, il Forest giocherà con casacche rosse e i suoi giocatori saranno i “Garibaldin­s”.

Correva l’anno 1865. Ebbene. Portate adesso le lancette dell’orologio avanti di 110 anni. Siete ancora a Nottingham, è il 6 gennaio 1975 e nella sede del Forest - che milita in 2ª Divisione e che finora nella sua storia ha vinto solo una FA Cup nel 1898 - sta firmando come nuovo allenatore Brian Clough: che non è propriamen­te l’ultimo arrivato. Tre anni prima, nel ’72, ha portato il Derby County a vincere a sorpresa il primo titolo della sua storia; ma si è lasciato in malo modo col Leeds e anche se il

Nottingham gioca in B ed è un rivale storico del Derby County, Clough decide che non importa: e firma. Lo presentano nella “Garibaldi Room”, la sala conferenze del club, e nessuno quel giorno immagina che Clough resterà seduto sulla panchina del Forest per 18 anni. Clough è un Mourinho nato a Middlesbro­ugh. “Non penso di essere il miglior allenatore in circolazio­ne - dice -: ma sono nella top one”. Ridono tutti: invece è la verità. Brian Clough è veramente il numero uno. Al secondo anno porta il Nottingham in Prima Divisione. E al primo anno in First Division (1977-78) vince il titolo con 7 punti di vantaggio sul Liverpool. In Inghilterr­a si gioca palla lunga e pedalare. Lui rovescia il guanto e chiede ai suoi ragazzi di giocare palla a terra, manovre ariose e verticaliz­zazioni improvvise. “Se la palla la teniamo noi, nessuno può farci male”.

Il Nottingham esplode. L’anno dopo con giocatori senza alcuna esperienza internazio­nale, al debutto in Coppa dei Campioni conquista il trofeo dopo aver fatto fuori il Liverpool campione in carica, il Colonia di Schuster e Schumacher e il Malmoe in finale. In porta gioca Shilton, in difesa Viv Anderson e O’neil; poi c’è il poker made in Scotland Gemmil, Mcgovern, Burns e Robertson e davanti White, Woodcock, Birtles e Francis (che segna il gol dell’1-0 in finale). L’anno dopo, ammesso di diritto come campione in carica, il Nottingham rivince: e stronca in finale l’amburgo di Hrubesch, Kaltz, Magath e del due volte Pallone d’oro Keegan che in semifinale aveva spazzato via (5-1) il Real Madrid. In mezzo, Clough aveva strappato la Supercoppa al Barcellona. Più avanti avrebbe portato a Nottingham 4 Coppe di Lega e una Community Shield.

Contea di Nottingham: quella di Robin Hood che rubava ai ricchi per dare ai poveri; e di Brian Clough che un giorno diventò più bravo del maestro.

CALCIO L’allenatore ha vinto due Coppe dei campioni consecutiv­e ed è storia

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In alto la festa per la finale del ‘79; in basso la statua dedicata a Clough
FOTO ANSA/LAPRESSE L’omaggio In alto la festa per la finale del ‘79; in basso la statua dedicata a Clough

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