La spectre dei visti italiani: racket e mercato parallelo
Un business da 800mila permessi, cresciuto in un anno del 157 per cento, spartito tra società indiane, emiratine e russe
Non è “l’effetto farfalla” a collegare un’affollata e improbabile agenzia di visti del Punjab alle vetrate dei grattacieli che si riflettono nel Jumeirah Lake di Dubai. È un “sistema”, che parla molto italiano, e mai come oggi si trova di fronte all’occasione di spazzare via le inefficienze e gli sprechi nella filiera del rilascio dei permessi che da sempre alimentano il mercato parallelo e il racket impedendo di sapere chi effettivamente entri in Italia. A dominarlo sono le “spectre dei visti”, società di diritto indiano, emiratino e russo che si contendono le lucrose concessioni del servizio visti: stando all’ultimo annuario del Ministero degli Esteri, hanno superato la soglia degli 800mila, con un +157%. Arruolando anche fior di ex diplomatici italiani in pensione.
Il Ministero ha deciso di centralizzare le gare per il servizio visti, dopo oltre 15 anni in cui avvenivano ambasciata per ambasciata, attraverso 129 diverse stazioni appaltanti autonome in giro per il mondo. La prima sembra si svolgerà a favore della Cina, il paese più importante per l’italia, e sarà un esperimento pilota per riprendere il controllo su un fiume di affidamenti che pochi operatori si sono finora contesi a prezzi stracciati, tanto bassi da risultare sostenibili solo risparmiando sul personale in loco e sul numero di centri visti, del tutto difformi dai capitolati: pessimi servizi, forse anche a causa di scarsi controlli. “L’italia alimenta da decenni il mercato parallelo dei visti, incurante dei rischi per la sicurezza nazionale, della perdita di competitività rispetto ad altri Paesi e delle distorsioni a livello locale, dove la povera gente si svena per rincorrere una speranza, mettendosi in coda agli sportelli e pagando il racket locale, mentre un fiume di capitali finisce a Dubai”.
UNA FONTE INTERNA
al settore racconta al Fatto gli interessi in gioco e come operano le “spectre dei visti” cui regaliamo montagne di soldi per servizi inefficienti. E chi le aiuta.
Il commercio di visti e appuntamenti taglia-code è un fenomeno che purtroppo parla italiano. Perfino l’inchiesta sull’agguato all’ambasciatore Luca Attanasio in Congo punta su questo. A Islamabad nel giro di sei mesi (e per due volte di fila) sono stati rubati dal Consolato italiano gli “sticker” per autorizzare i visti, poi scoperti dalle autorità americane per ingressi illegali rinvenuti in Armenia. E si scopre una gara per la concessione del servizio vinta dalla indiana BLS, da tre anni oggetto di un contenzioso perché non ha provveduto a costituire, come previsto dal capitolato, una “legal entity” di diritto locale. A Ryad, in Arabia Saudita, pare siano stati perduti dalla società indiana VFS, che gestiva il servizio, 51 passaporti italiani. Vicende in apparenza scollegate che portano al cuore del problema che la fonte illustra così: “Il mercato dei servizi per visti in concessione è molto concentrato, con pochi player specializzati che spesso s’avvalgono di subcontractor locali. Se il governo non lavorerà su credenziali di legalità e criteri d’efficienza degli operatori non si affrancherà dal ruolo di mosca nera d’europa”.
IL GOVERNO DOPO 15 ANNI FINALMENTE CENTRALIZZERÀ LE GARE
MA CHI SONO le “spectre” dei visti? VFS Global è leader del settore con 300 milioni di visti dal 2021 per un controvalore di 4,5 miliardi di euro. E’ una società indiana con Head Quarter a Dubai, di recente acquisita da Blackrock: gestisce il 65 % dei servizi resi ai paesi Schengen e il 70% dell’italia. Nel 2023 per l’italia ha svolto il servizio in 37 Paesi, con fatturato annuo di circa 6 milioni di euro, ma se vincesse la gara cinese il valore contrattuale arriverebbe a 135 milioni (i contratti sono quinquennali). “Una posizione dominante che determina una distorsione dello scenario competitivo”. Come consulente si avvale di un diplomatico italiano oggi in pensione, il Ministro Folco De Luca Gabrielli, che gestisce i rapporti con le missioni nel mondo e il Ministero, ottenendo incontri anche durante il periodo delle procedure di gara, addirittura visite da parte degli ambasciatori ai loro centri visti come accaduto di recente a Minsk, in Bielorussia. “Quella per l’indonesia è stato uno dei casi più’ eclatanti: pubblicata nel 2016, vinta da VFS con assegnazione congelata per un ricorso al Tar, gestita in prorogatio sino al 2021, pubblicata a fine 2022, dopo 6 anni, ma vinta di nuovo da VFS”.
BLS Int è un’altra società indiana con sede a Dubai. Il loro responsabile del servizio per l’italia ha lavorato nei 15 anni precedenti per VFS, gestendo i rapporti con clienti, ambasciate e consolati: dal suo passaggio in Bls la società ha subito vinto tre gare italiane, sempre a prezzi stracciati. Anche BLS si fa supportare da un diplomatico italiano in pensione, il Consigliere Armando Trombaiolo.
Il gruppo indiano Bls ha puntato gli occhi sulla società turca I-data, che da 15 anni gestisce per l’italia il servizio visti in Turchia e il cui rinnovo è stato rivinto in alleanza con VFS: “l’acquisizione da parte di BLS comporterà la gestione di dati sensibili, in un paese delicato come la Turchia, da parte di due società indiane concorrenti, anzi ‘nemiche’”. C’è poi la russa VMS, che fa capo a tre soci italiani, come ogni altra bannata dalle sanzioni Ue: è stata costituita ad hoc una nuova legal entity a Dubai, la VMS Int. per bypassare il regime sanzionatorio e partecipare a nuove gare. Se e come la nuova gestione del Ministero riuscirà a tutelare la sicurezza nazionale e la promozione del Made in Italy si vedrà dall’esito delle nuove.