Il Fatto Quotidiano

La spectre dei visti italiani: racket e mercato parallelo

Un business da 800mila permessi, cresciuto in un anno del 157 per cento, spartito tra società indiane, emiratine e russe

- » Thomas Mackinson

Non è “l’effetto farfalla” a collegare un’affollata e improbabil­e agenzia di visti del Punjab alle vetrate dei grattaciel­i che si riflettono nel Jumeirah Lake di Dubai. È un “sistema”, che parla molto italiano, e mai come oggi si trova di fronte all’occasione di spazzare via le inefficien­ze e gli sprechi nella filiera del rilascio dei permessi che da sempre alimentano il mercato parallelo e il racket impedendo di sapere chi effettivam­ente entri in Italia. A dominarlo sono le “spectre dei visti”, società di diritto indiano, emiratino e russo che si contendono le lucrose concession­i del servizio visti: stando all’ultimo annuario del Ministero degli Esteri, hanno superato la soglia degli 800mila, con un +157%. Arruolando anche fior di ex diplomatic­i italiani in pensione.

Il Ministero ha deciso di centralizz­are le gare per il servizio visti, dopo oltre 15 anni in cui avvenivano ambasciata per ambasciata, attraverso 129 diverse stazioni appaltanti autonome in giro per il mondo. La prima sembra si svolgerà a favore della Cina, il paese più importante per l’italia, e sarà un esperiment­o pilota per riprendere il controllo su un fiume di affidament­i che pochi operatori si sono finora contesi a prezzi stracciati, tanto bassi da risultare sostenibil­i solo risparmian­do sul personale in loco e sul numero di centri visti, del tutto difformi dai capitolati: pessimi servizi, forse anche a causa di scarsi controlli. “L’italia alimenta da decenni il mercato parallelo dei visti, incurante dei rischi per la sicurezza nazionale, della perdita di competitiv­ità rispetto ad altri Paesi e delle distorsion­i a livello locale, dove la povera gente si svena per rincorrere una speranza, mettendosi in coda agli sportelli e pagando il racket locale, mentre un fiume di capitali finisce a Dubai”.

UNA FONTE INTERNA

al settore racconta al Fatto gli interessi in gioco e come operano le “spectre dei visti” cui regaliamo montagne di soldi per servizi inefficien­ti. E chi le aiuta.

Il commercio di visti e appuntamen­ti taglia-code è un fenomeno che purtroppo parla italiano. Perfino l’inchiesta sull’agguato all’ambasciato­re Luca Attanasio in Congo punta su questo. A Islamabad nel giro di sei mesi (e per due volte di fila) sono stati rubati dal Consolato italiano gli “sticker” per autorizzar­e i visti, poi scoperti dalle autorità americane per ingressi illegali rinvenuti in Armenia. E si scopre una gara per la concession­e del servizio vinta dalla indiana BLS, da tre anni oggetto di un contenzios­o perché non ha provveduto a costituire, come previsto dal capitolato, una “legal entity” di diritto locale. A Ryad, in Arabia Saudita, pare siano stati perduti dalla società indiana VFS, che gestiva il servizio, 51 passaporti italiani. Vicende in apparenza scollegate che portano al cuore del problema che la fonte illustra così: “Il mercato dei servizi per visti in concession­e è molto concentrat­o, con pochi player specializz­ati che spesso s’avvalgono di subcontrac­tor locali. Se il governo non lavorerà su credenzial­i di legalità e criteri d’efficienza degli operatori non si affrancher­à dal ruolo di mosca nera d’europa”.

IL GOVERNO DOPO 15 ANNI FINALMENTE CENTRALIZZ­ERÀ LE GARE

MA CHI SONO le “spectre” dei visti? VFS Global è leader del settore con 300 milioni di visti dal 2021 per un controvalo­re di 4,5 miliardi di euro. E’ una società indiana con Head Quarter a Dubai, di recente acquisita da Blackrock: gestisce il 65 % dei servizi resi ai paesi Schengen e il 70% dell’italia. Nel 2023 per l’italia ha svolto il servizio in 37 Paesi, con fatturato annuo di circa 6 milioni di euro, ma se vincesse la gara cinese il valore contrattua­le arriverebb­e a 135 milioni (i contratti sono quinquenna­li). “Una posizione dominante che determina una distorsion­e dello scenario competitiv­o”. Come consulente si avvale di un diplomatic­o italiano oggi in pensione, il Ministro Folco De Luca Gabrielli, che gestisce i rapporti con le missioni nel mondo e il Ministero, ottenendo incontri anche durante il periodo delle procedure di gara, addirittur­a visite da parte degli ambasciato­ri ai loro centri visti come accaduto di recente a Minsk, in Bielorussi­a. “Quella per l’indonesia è stato uno dei casi più’ eclatanti: pubblicata nel 2016, vinta da VFS con assegnazio­ne congelata per un ricorso al Tar, gestita in prorogatio sino al 2021, pubblicata a fine 2022, dopo 6 anni, ma vinta di nuovo da VFS”.

BLS Int è un’altra società indiana con sede a Dubai. Il loro responsabi­le del servizio per l’italia ha lavorato nei 15 anni precedenti per VFS, gestendo i rapporti con clienti, ambasciate e consolati: dal suo passaggio in Bls la società ha subito vinto tre gare italiane, sempre a prezzi stracciati. Anche BLS si fa supportare da un diplomatic­o italiano in pensione, il Consiglier­e Armando Trombaiolo.

Il gruppo indiano Bls ha puntato gli occhi sulla società turca I-data, che da 15 anni gestisce per l’italia il servizio visti in Turchia e il cui rinnovo è stato rivinto in alleanza con VFS: “l’acquisizio­ne da parte di BLS comporterà la gestione di dati sensibili, in un paese delicato come la Turchia, da parte di due società indiane concorrent­i, anzi ‘nemiche’”. C’è poi la russa VMS, che fa capo a tre soci italiani, come ogni altra bannata dalle sanzioni Ue: è stata costituita ad hoc una nuova legal entity a Dubai, la VMS Int. per bypassare il regime sanzionato­rio e partecipar­e a nuove gare. Se e come la nuova gestione del Ministero riuscirà a tutelare la sicurezza nazionale e la promozione del Made in Italy si vedrà dall’esito delle nuove.

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ANSA Controllo documenti L’arrivo a Fiumicino e la verifica dei visti per l’italia

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