BASTAVA CHIEDERE SCUSA: MA I DUE DELLA GIALAPPA’S CONTINUANO A INSULTARE
Disprezzo chi continuò a lavorare a Mediaset dopo la mia intervista a Marco Travaglio sui rapporti fra Berlusconi, Dell’utri e la mafia (Satyricon, 2001). Paraculi impeccabili, fecero i pesci in barile anche quando la Rai tolse di mezzo i tre dell’editto bulgaro. Non siamo in Inghilterra: quando la Bbc, l’anno scorso, allontanò il conduttore Gary Lineker per un tweet in cui criticava la politica sull'immigrazione del governo conservatore, esperti, presentatori e collaboratori rifiutarono di comparire in video per protesta, e la Bbc fu costretta a reintegrare Lineker. Come se non bastasse, i paraculi ogni tanto si divertono a diffamarmi, forse contando sul fatto che, vivendo a Valencia, mi restino ignote le loro prodezze: purtroppo per loro ho informatori ovunque. Da anni, per esempio, Giorgio Gherarducci e Marco Santin, il duo superstite della Gialappa’s (Carlo Taranto ci ha litigato di brutto: mi chiedo come mai), sparlano di me per diletto, con la complicità di chi li intervista. Finora non ho mai replicato perché li considero due cazzari portentosi (Santin, per dire, è convinto che Rosa e Olindo siano innocenti: t.ly/oz-2i); ma, visto che non se la piantano, forse è giunto il momento di replicare, se non altro per evitare che restino agli atti, incontrastati, i loro racconti farlocchi. Ci sono due episodi, in particolare, che Gherarducci e Santin taroccano ogni volta da stronzi. Il primo riguarda un finale di stagione dove tutti i personaggi di Mai dire gol dovevano trovarsi nella stessa stanza e mettersi a litigare, io nei panni di Panfilo. Dissi che non l’avrei fatto, perché era una boiata. Mi dissero che dovevo farlo e poche storie. Ma nessuno può imporre a un comico di partecipare a una gag che non gli piace. Così feci l’unica cosa possibile in quelle circostanze: me ne andai. Ancora je rode: se facevano i bulli, dovevi starci. Ricordo una riunione del lunedì con Claudia Gerini: davanti a tutti (una quindicina fra comici e autori) Santin se ne uscì con la frase: "Ma cosa dai retta a lei, che è stata con Boncompagni!" Questo era il clima.
Una volta Gherarducci provò a mettermi in mezzo, presente Bisio: lo rimisi al suo posto ("Tu pensa alle tue, di battute!”). Bisio allibì, ammirato, perché tutti abbozzavano, sempre. Quando poi comunicai ai tre che me ne andavo per fare Barracuda, mi invitarono a pranzo per dissuadermi (!); ma, visto che ormai avevo deciso, mi domandarono chi potevo suggerirgli al mio posto: gli indicai Fabio De Luigi, che non conoscevano (oggi sostengono di averlo scoperto loro in un teatrino a Milano, i fenomeni). D’un tratto lasciano il secondo a metà e se ne vanno. Prendo un dolce, mi bevo un espresso, vado alla cassa; e chi rientra? Santin, per dirmi, davanti ai presenti: “Sai, ti facciamo pagare perché non paghi mai.” Mi fece pena. Accusa falsa, peraltro. Forse un’idea di Gherarducci: l’accusa di tirchieria (“Non offriva mai”) è il suo insulto preferito (una volta in radio arrivò a tacciare uno di essere “un rabbino”). Attenti perché lui invece vi infila mazzi di banconote nelle tasche, se solo vi distraete. Quanto al killeraggio 2010 che mi imputava fantomatici plagi, adesso Gherarducci lo ricicla con la formula “Bastava chiedere scusa”, come se fossi colpevole di qualcosa. Non vi tedio: ne ho già scritto replicando al bullismo diffamatorio delle Iene (t.ly/8idxa). Gheraducci, per insinuare i plagi, s’inventò pure che sparivo col mio computer in camerino e ne uscivo con battute bellissime. Falso: non avevo il computer, e quelle battute - ma che due coglioni - erano mie. A proposito, Giorgio: la scena finale del vostro unico film, Tutti gli uomini del deficiente, quella del cazzo ingessato con gli amici che lo firmano (l’unica bella gag di quel madornale), l’avete copiata da Sesso con Luttazzi. Bastava chiedere scusa.