Il Fatto Quotidiano

DEBITI, SPRECHI E FAVORI: I BUCHI NERI DELLE REGIONI

In Lombardia i call center cari ai La Russa, in Veneto il flop delle Olimpiadi, in Toscana e Liguria i danni nelle partecipat­e

- » Lorenzo Giarelli

Per capire l’utilità delle Sezioni regionali della Corte dei Conti basta sfogliarsi le relazioni con cui nelle ultime settimane hanno analizzato i bilanci delle Regioni. Si tratta di migliaia di pagine dense di numeri nelle quali, va dato atto, le Corti danno il via libera ai rendiconti, ma muovono rilievi non trascurabi­li: spese pazze, assunzioni fuori controllo, buchi neri nelle partecipat­e e molto altro. Va da sé che, con progetti come quello di FI mirati a smantellar­e le Procure regionali della Corte, parecchie di queste vicende resterebbe­ro ignote.

Vale la pena raccontarn­e qualcuna. A partire dal Veneto, dove la Corte certifica il disastro delle Olimpiadi Milano-cortina 2026, come ovvio non certo imputabile solo alla Regione guidata da Luca Zaia. Fatto sta che “opere di importanza strategica per la Regione” sono state “declassate da indifferib­ili/urgenti a urgenti e dunque, dati i tempi ristretti, non verranno portate a compimento prima della celebrazio­ne dei Giochi”. Meglio mettersi l’anima in pace. In più, oltre a ritrovarci con opere lasciate a metà o pronte solo dopo le Olimpiadi, bisognerà tenere d’occhio i “costi diretti e indiretti, nonché futuri in relazione alla fase gestionale delle opere, perché non abbiano luogo aggravi non preventiva­ti per il bilancio regionale”. Le famose Olimpiadi a costo zero.

IN LOMBARDIA

c’è invece una vicenda surreale. Uno dei call center della Regione ha sede a Paternò, in Sicilia, come deciso nel 2004 durante l’era Formigoni. Capogruppo di An all’epoca era Romano La Russa, fratello di Ignazio e attuale assessore. Paternò è il fortino della famiglia La Russa, anche se Romano ha sempre negato interessi personali nell’operazione. La Corte dei Conti però critica la decisione di conservare ancora oggi “un’unità operativa fuori Regione con ben 11 dipendenti” visto che averla “a notevole distanza dal territorio della Lombardia può pesare in termini di efficienza”. In più, la Corte stronca anche la recente decisione di Attilio Fontana di esternaliz­zare il servizio: “Resta dubbio il margine di utilità che la Regione ha acquisito esternaliz­zando i fondamenta­li servizi prima svolti dalla struttura interna, anche perché la decisione non appare esser stata preceduta da nessuna valutazion­e costi-benefici”.

Pure la Liguria di Giovanni Toti ha i suoi guai, e non solo per il governator­e chiuso ai domiciliar­i da maggio. La relazione della Corte permette di ricostruir­e una storia che risale al 2011, quando la giunta di Claudio Burlando vendette immobili della Regione per oltre 100 milioni alla società pubblica Arte Genova. Il problema è che da allora si trascinano problemi: “La Regione ha proseguito nel non riconoscer­e la natura debitoria dell’operazione di cartolariz­zazione”. Oggi la situazione è pessima. Arte ha una esposizion­e debitoria nei confronti di Bper di circa 74 milioni, tuttavia “il valore degli immobili ancora da alienare risulta pari a poco meno di 18 milioni”.

LA SOCIETÀ

ha effettuato “un’ulteriore rinegoziaz­ione del debito, rinegozian­do due mutui, prolungand­one di 12 anni la durata del piano di ammortamen­to con ulteriore ag

gravio della già complessa situazione finanziari­a”. Ma questa rinegoziaz­ione “implica un aumento notevole degli interessi, sicché l’azienda si troverà a dover corrispond­ere in 12 anni circa 55,6 milioni a titolo di interessi, con una maxi-rata finale di euro 29.496.732”.

LA TOSCANA non fa eccezione. Un caso su tutti è quello dell’autorità portuale regionale. In sintesi: la Regione di Eugenio Giani vuole consentire all’autorità di assumere, ma ci sono precisi vincoli; per questo – secondo la Corte – la giunta a un certo punto dispone “il transito del personale dipendente da tale ente (5 dipendenti) nel ruolo regionale”, prevedendo “il trasferime­nto delle risorse” dal fondo dell’autorità portuale “nel corrispond­ente fondo regionale”. Un groviglio che “appare elusivo dei vincoli inderogabi­li in materia di spese di personale”. Per non dire delle condizioni di altre partecipat­e, visto che la promessa “attività di razionaliz­zazione” finora non c’è stata e viene da dubitare della “capacità/volontà della Regione di esercitare in maniera adeguata le sue prerogativ­e indirizzan­do in maniera incisiva l’operato delle società”.

Il mosaico dei rilievi potrebbe continuare a lungo. La Puglia è una delle Regioni dove l’intervento della Corte si è fatto più sentire, questa volta sulla sanità: secondo i magistrati, intere leggi regionali sono prive di copertura finanziari­a oppure prendono risorse in maniera impropria da altre destinazio­ni. E ancora: i debiti fuori bilancio sono cresciuti da 3,9 a 12 milioni di euro.

Altri casi? In Piemonte, per dire, è esploso il ricorso ai gettonisti. In Abruzzo, la Corte stigmatizz­a il protrarsi dello stato di liquidazio­ne di alcune società – il Centro Ceramico Castellano, Crivea, ecc. – senza che la Regioni arrivi a soluzioni definitive. Pungoli e critiche che, evidenteme­nte, non a tutti sono graditi.

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FOTO ANSA Gli uomini del Carroccio Luca Zaia e Attilio Fontana guidano Veneto e Lombardia
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