Ue processa Roma: preoccupaz Ione per le riforme
Dopo tre settimane di tregua tattica tra Bruxelles e Roma, una volta incassata la rielezione alla presidenza della Commissione europea Ursula von der Leyen mette sotto tiro Giorgia Meloni. La prima arma usata per regolare i conti è la pubblicazione del Report Ue sullo stato di diritto 2024 della Commissione europea. L’attacco è totale: le mosse del governo italiano sono sferzate dalla riforma costituzionale a quella della giustizia, dalle strettoie alla libertà di stampa sino all’assenza di regole sul conflitto di interessi.
IL 17 GIUGNO aveva fatto rumore uno scoop di Politico: la presidente uscente della Commissione Ue, in cerca il sostegno di Roma per un secondo mandato, aveva rallentato la pubblicazione del documento annuale che criticava l’italia per l’erosione della libertà dei media. Il rapporto avrebbe dovuto essere approvato il 3 luglio, ma era stato fatto slittare a dopo l’elezione della nuova presilievi denza che ha visto la conferma della von der Leyen per evitare di criticare apertamente l’italia in modo da cercare di intercettare i consensi degli eurodeputati di destra. Ma dopo settimane di traccheggio, i voti di Fratelli d’italia sono andati contro il rinnovo del mandato a von der Leyen. La mossa ha scatenato la rappresaglia: Roma ha molto da farsi perdonare e chiedere a Bruxelles, dai ritardi del Pnrr alla situazione pesante dei conti pubblici. Non a caso ieri i rappresentanti dei 27 Stati Ue hanno dato via libera all’avvio delle procedure per deficit eccessivo verso sette Stati: oltre all’italia Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia.
Il Rapporto sullo stato del diritto, infine, è stato pubblicato ieri ed è impietoso per il govero Meloni. Sul fronte del premierato afferma che “con questa riforma non ci sarà più la possibilità per il Presidente della Repubblica di cercare una maggioranza alternativa o individuare una persona fuori dal Parlamento come presidente del consiglio”, riportando i ridell’associazione nazionale costituzionalisti, e scrive che “alcuni hanno espresso preoccupazioni sulle modifiche all’attuale sistema di pesi e contrappesi e anche dubbi che dia più stabilità”.
La Commissione critica poi la riforma della giustizia di Nordio, sottolineando che l’eliminazione dell’abuso d'ufficio e la riduzione dei tempi di prescrizione mettono a rischio la lotta alla corruzione, che non hanno fatto progressi le norme contro il conflitto di interessi e la riforma delle lobby e delle donazioni ai partiti. Sotto la lente anche la limitazione del ruolo dell’autorità nazionale anticorruzione, che rischia di aprire varchi alla criminalità nella gestione del Pnrr.
Quanto alla libertà di stampa, il rapporto scrive che “diversi stakeholder ritengono” che le ultime norme del governo Meloni “determinino una restrizione della libertà di stampa e del diritto dei cittadini di essere informati”. Secondo il testo le riforme minano il lavoro dei cronisti, limitando la pubblicazione di notizie tratte
da atti giudiziari e intercettazioni, rinviando la riforma della diffamazione ritorsiva e limitandone il segreto professionale. Il rapporto chiede poi di assicurare un “meccanismo di finanziamento pubblico della stampa che ne garantisca l’indipendenza”. Quanto alla Rai, per il rapporto “l’efficacia di una governance che assicuri la
piena indipendenza è una preoccupazione di lunga data. Serve una riforma che eviti le interferenze della politica”.
Da parte sua, il governo sottolinea il “costante dialogo” con la Ue e ribadisce che il rapporto riguarda tutti i 27 Stati Ue e non solo l’italia. Se non è un “mal comune mezzo gaudio”, poco ci manca.