È Bibi l’ultima grana di Biden: “Non mi ritiro prima che arrivi”
Non bastano Barack Obama, George Clooney, Khamala Harris e Nancy Pelosi, più altre decine, ormai quasi centinaia di democratici che lo vorrebbero vedere fuori dalla corsa presidenziale. Per il presidente candidato Joe Biden, in questo ore in vacanza nel Delaware a sbollire la rabbia per gli sgambetti, il Covid e a soffiare sul telefono che continua a squillare, si avvicina un’altra insidia: Benjamin Netanyahu.
GIÀ SPINA nel fianco di Biden per questi nove mesi di guerra – la questione mediorientale è dal 7 ottobre ago della bilancia per la sua vittoria, ostaggio prima dei dem di origine palestinese che ripudiano la condotta morbida dell’amministrazione Usa contro la strage di civili di Netanyahu e gli ebrei che si sentono in pericolo e messi sullo stesso piano di Hamas – ora per il leader democratico potrebbe essere in arrivo la resa dei conti. Plastica, evidente e quindi difficilmente occultabile: il presidente israeliano in visita al Congresso (terrà un discorso controllabile), ha deciso di incontrare anche l’avversario, Donald Trump. Come un Orban qualsiasi. E, come il leader ungherese per la questione ucraina, anche Netanyahu spera che questa minaccia sblocchi l’appoggio in armi di Biden. “Non gli darò la soddisfazione di ritirarmi prima del suo arrivo a Washington”, avrebbe giurato, secondo retroscena dei media israeliani e americani il presidente. Questo mentre alla Casa Bianca, dopo una prima decisione sfavorevole da parte proprio di Biden, si starebbe prendendo in considerazione l’idea di sanzioni ai ministri di estrema destra israeliani Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir. Il primo a inizio settimana in riferimento alla poi confermata condanna della Corte penale internazionale degli insediamenti “illegali” dei coloni ebrei in Cisgiordania, aveva invitato gli ebrei all’invasione dell’intero territorio.
Ma, tornando alla visita di Netanyahu, prevista per il 24 luglio, secondo alcuni consiglieri di Biden questa sarebbe la vera ragione che starebbe allungando il processo di ritiro del candidato dem dalla corsa al secondo mandato. Essere ancora in corsa, mentre il premier israeliano parlerà mercoledì a una sessione congiunta del Congresso su iniziativa dei repubblicani probabilmente accompagnato da Noa, la ragazza liberata dalla prigionia nella Striscia con un blitz. Incerto però il faccia a faccia di domani con Biden che per allora potrebbe ancora essere positivo al Covid e quindi in isolamento.
Intanto a Washington cominciano a organizzare l’accoglienza non proprio calorosa al premer israeliano. Ieri sono iniziate a circolare le prime defezioni come quella del senatore Brian Schatz, democratico ebreo delle Hawaii, che ieri ha fatto sapere che salterà il discorso di Netanyahu. Contemporaneamente al quale, ebrei americani, organizzazioni progressiste e familiari degli ostaggi stanno organizzando una grande manifestazione di protesta. “Per la prima volta – grazie alla voce delle critiche interne – anche in America gli ebrei hanno deciso di manifestare il loro dissenso nei confronti di questo governo”, scriveva ieri su Haaretz Etan Nechin. Sicuramente un appuntamento importante per i due più discussi leader del momento.