Gershkovich: 16 anni per spionaggio, senza nemmeno una prova
Gli ultimi 478 giorni dei suoi 32 anni il giornalista statunitense Evan Gershkovich, corrispondente del Wall Street Journal, li ha trascorsi in cella in Russia. Ieri la Corte di Ekaterinburg, regione di Sverdlovsk, ha condannato il primo reporter americano ad essere arrestato dalla fine della Guerra Fredda a 16 anni di carcere.
NELL’ASCOLTARE una sentenza che forse si aspettava, il reporter ha fatto cenno con la testa rasata dietro il vetro della gabbia del tribunale, sotto gli occhi di guardie e agenti in passamontagna. La portavoce della Corte ha riferito che non si è dichiarato colpevole. La procura russa, che l’ha tacciato di spionaggio e raccogliere “informazioni segrete” per la Cia mentre indagava sulla Wagner e le sue operazioni, ambiva a richiuderlo per almeno 18 anni in una colonia penale dal regime severo. Le prove a dimostrazione della tesi: nessuna. Accusato di spionaggio dall’fsb (servizi russi) subito dopo l’arresto avvenuto a marzo del 2023, ha scontato oltre un anno di detenzione carceraria prima che il processo iniziasse a giugno. Quello di Gershkovich è stato un processo lampo (anticipata di quasi un mese l’udienza), condotto a porte chiuse – come consentito dalla legge russa, se il presunto reato è alla sicurezza nazionale – e il verdetto è arrivato ancora più velocemente, forse per mettere fretta a Washington e accelerare uno scambio prigionieri.
Si tratta di una condanna “vergognosa e finta” per i vertici giornalistici e aziendali del Wall Street Journal: si legge in un articolo del giornale del reporter prigioniero, dove viene riportato anche che “funzionari russi, dal presidente Putin in giù, hanno segnalato interesse
STRATEGIA COSÌ PUTIN PUNTA A SCAMBIO PRIGIONIERI
a scambiare Gershkovich con i detenuti in Occidente”. Tutti gli indici e fonti dei media puntano a lui: Mosca vuole far tornare in patria il russo condannato all’ergastolo in Germania, Vadim Krasikov, che ha ammazzato un dissidente ceceno in un parco a Berlino nel 2019.
DEL DESTINO del giornalista americano che è stato detenuto a Lefortovo (la prigione del Kgb dove, leggenda vuole, ci siano ancora i fori dei proiettili delle esecuzioni volute dal regime di ieri, e si chiudono adesso oppositori e critici del regime di oggi) hanno chiesto i media a Peskov, portavoce di Putin, ma “lascio la domanda senza risposta” ha detto quando è stato interpellato a riguardo. I precedenti sono recentissimi e troppo palesi per non suggerire una chiara strategia del Cremlino: prima di Gershkovich, la giocatrice di basket americana Brittneuy Grinder (con il pretesto di possesso di prodotti alla marijuana) è stata arrestata nel febbraio 2022 ed è rimasta in galera quasi un anno prima di essere ceduta in cambio di Viktor Bout, il trafficante d’armi che in Usa è rimasto quasi dieci anni. E Gershkovich non è il solo americano dietro le sbarre russe: in colonia penale dal 2020 c’è anche l’ex marine Paul Whelan. L’accusa, come la condanna che gli è stata inflitta, è stata la medesima del giornalista: spionaggio, 16 anni di detenzione.