“Oca giuliva, malata”: niente scudo a Sgarbi per le offese a Signorini (ex di Italia Nostra)
Clamoroso al Cibali! Anzi a Montecitorio: con una stretta inedita la Giunta per le autorizzazioni della Camera ha negato a Vittorio Sgarbi lo scudo dell’immunità. Le sue soavi parole contro Mariarita Signorini all’epoca presidente di Italia Nostra non rientrano tra quelle meritevoli della copertura garantita ai parlamentari dall’articolo 68 della Costituzione: “Oca giuliva”, “demente”, “mente malata e bacata”, “morta di sonno”, “cogliona”, “gallina”, “approfittatrice”, “vada a fare in culo” sono quel che sono ossia turpiloquio in purezza. All’unanimità Sgarbi è stato mollato anche dal suo centrodestra. Che per bocca della relatrice leghista Laura Cavandoli ha spiegato che le sue non sono parole insindacabili e dunque il processo civile in corso a Firenze per il risarcimento del danno da diffamazione attivato da Signorini può continuare. Ma prima la premessa. Nel 2019 Sgarbi e Signorini, ospiti di Radio Radicale, avevano discusso diciamo così, a proposito del trasferimento in prestito in Francia dell’uomo vitruviano. Ma i toni accesi erano presto degenerati: Sgarbi si era lasciato andare ad alcune espressioni oggettivamente volgari su cui ha chiesto l’impunità di deputato. La Giunta ha detto no richiamando i sacri principi: ossia che i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche devono esercitarle con disciplina e onore. E che non possano dunque utilizzare né insulti né dileggio tanto in aula quanto extra moenia. Come peraltro, laddove ce ne fosse bisogno, ha ribadito di recente la Corte Costituzionale a fronte, probabilmente, della manica troppo larga usata sin qui pur di “salvare” i parlamentari. “L’insindacabilità (prevista dall’articolo 68 della Costituzione, ndr) tutela e consente dichiarazioni finalizzate al promovimento e alla qualità del dibattito pubblico, non certo al suo scadimento. Una funzione così alta, che la Costituzione protegge con un’immunità che si protrae oltre la scadenza del mandato parlamentare, esige e pretende, al contempo, forme espressive improntate al rispetto della dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica”. Sono insomma necessarie modalità espressive che, “lungi dal trasformare l’insindacabilità in una garanzia di impunità e in un privilegio, siano coerenti con il rilievo dell’istituto nel raccordo tra istituzioni parlamentari e opinione pubblica e ne sorreggano la ratio, piuttosto che metterla in crisi”. Quindi è escluso che nello scudo dell’immunità possano rientrare gli insulti.