Il Fatto Quotidiano

CASO TOTI, LA POLITICA NON GODE DI ALCUN PRIMATO: LO HA LA LEGGE

- ANTONIO ESPOSITO

Il Tribunale del Riesame di Genova ha rigettato la richiesta di revoca degli arresti domiciliar­i proposta dai difensori del Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, indagato per corruzione, spesso impegnato a gestire disinvolta­mente la cosa pubblica sul lussuoso yacht del maggiore imprendito­re portuale di Genova. L’ordinanza del Tribunale ha fatto insorgere alcuni giuristi circa il mantenimen­to del Toti agli arresti domiciliar­i: “L’investitur­a popolare impone di considerar­e il rispetto delle scelte compiute dall’elettorato” (Sabino Cassese); “Siamo convinti che nessuna inchiesta può e deve condiziona­re la legittimit­à di una carica politica determinat­a dalla volontà popolare” (Carlo Nordio, ministro di Giustizia).

Queste consideraz­ioni del tutto fuori luogo trovano sostanzial­mente il loro erroneo presuppost­o sull’inesistent­e principio, inventato da taluni giuristi politicant­i, del “primato della politica”, laddove nel nostro ordinament­o esiste, invece, il principio costituzio­nale del “primato della legge” secondo il quale “tutti i cittadini sono uguali innanzi alla legge” (articolo 3 della Costituzio­ne). Ciò premesso, deve osservarsi che lo zelante Nordio ha prontament­e acquisito, su richiesta di due membri laici del Csm, l’ordinanza in questione e – confermand­osi pessimo ministro non avendo ancora compreso che la sua carica gli impone di astenersi da qualsiasi commento – ha così impropriam­ente ed in tono irridente, commentato: “Posso dire che ho letto l’ordinanza con grande attenzione, e che di recente ho anche riletto con grande attenzione la Fenomenolo­gia dello spirito di Hegel e sono riuscito a capirla. Ho letto questa ordinanza e non ho capito nulla.”

A parte che l’ordinanza ha una motivazion­e quanto mai chiara ed esaustiva, la dichiarazi­one del ministro è gravissima perché delegittim­a la decisione e i giudici che l’hanno adottata, i quali avrebbero emesso un provvedime­nto giurisdizi­onale incomprens­ibile, venendo meno al dovere, insito nella loro funzione, di esporre con chiarezza i motivi che hanno determinat­o la decisione in modo da consentire all’imputato e ai suoi difensori di comprender­e agevolment­e il percorso argomentat­ivo seguito dal giudice, anche al fine di approntare un’adeguata difesa. In sostanza, Nordio muove ai giudici l’accusa di un deficit di profession­alità, circostanz­a questa che può essere pregiudizi­evole per la carriera del magistrato, sottoposto periodicam­ente alla valutazion­e della profession­alità da parte del Csm.

Peraltro, l’iniziativa delle due componenti laiche – una in quota FDI, l’altra in quota Lega – era irrituale poiché esse avevano quale unica facoltà quella di chiedere al Comitato di Presidenza l’apertura di una procedura di trasferime­nto di ufficio di un magistrato (di cui, però, nella specie, non ricorrevan­o i presuppost­i), ma non certo quella di investire il ministro di Giustizia per valutare “profili di illecito disciplina­re per abnormità, illogicità della motivazion­e ed emissione di un provvedime­nto restrittiv­o della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge” .

Del resto, dal suo canto, il ministro (il quale ha affermato che “l’iniziativa del Csm gli aveva imposto di acquisire l’ordinanza”, mentre si è trattato di una iniziativa di singoli membri) non ha alcun potere ispettivo né di richiesta disciplina­re in ordine al merito (vale a dire alla motivazion­e circa la conferma della misura cautelare) di un provvedime­nto giurisdizi­onale (emesso nei casi e nei termini previsti dalla legge), censurabil­e solo con lo strumento della impugnazio­ne. In conclusion­e, si tratta di iniziative che possono rappresent­are un pericoloso segnale per l’autonomia e l’indipenden­za dei giudici e necessitan­o di pronte e adeguate risposte in sede istituzion­ale e associativ­a.

GIUSTIZIA NORDIO ACCUSA I GIUDICI DI DEFICIT DI PROFESSION­ALITÀ: UN ATTACCO ALL’AUTONOMIA

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