Il Fatto Quotidiano

C’eravamo tanto amate da Lampedusa al Cairo

- Tommaso Rodano

Ora è un bel guaio ripresenta­rsi agli occhi dell'opinione pubblica come la Giorgia di una volta: avversaria delle burocrazie europee, paladina dell'interesse nazionale, fustigatri­ce dell'inciucio tra le solite, vetuste famiglie politiche di Bruxelles.

Perché Meloni che vota contro Ursula e torna all'antica versione battaglier­a, è la stessa che ha frequentat­o von der Leyen spesso e volentieri nei mesi che hanno preceduto la sua rielezione, cercando la sua sponda per le battaglie sull'immigrazio­ne e usando il loro rapporto per legittimar­si in campo internazio­nale.

L'album fotografic­o di Giorgia e Ursula si apre lo scorso 17 settembre con le cartoline da Lampedusa. La visita di von der Leyen nell'isola simbolo della questione migranti per Meloni fu un fatto storico: “Chiunque abbia un'onestà intellettu­ale in questa nazione – commentò la premier, entusiasta – deve riconoscer­e che la presidente della Commission­e europea questa mattina ha pronunciat­o parole in tema di immigrazio­ne che dall'europa non erano mai state pronunciat­e”, tali da giustifica­re addirittur­a “una rivoluzion­e copernican­a”.

A gennaio la presidente della commission­e europea è venuta in Italia due volte in due settimane: il 17 per una passerella assieme alla premier a Forlì, nelle zone alluvionat­e dell'emilia-romagna; il 29 a Roma in occasione del vertice Italia-africa, con un intervento in Senato introdotto da un saluto particolar­mente affettuoso verso la premier (“cara Giorgia”) e concluso con un benevolo riferiment­o al cosiddetto Piano Mattei del governo (“Enrico Mattei era un grande italiano, un grande europeo e un amico autentico dell'africa... Stiamo lavorando bene: avanti così, c'è molto da fare”).

Infine, il 17 marzo, in piena campagna per il voto europeo, le due ex amiche si sono ritrovate al Cairo, in Egitto, per siglare un memorandum sull'immigrazio­ne utile soprattutt­o per le reciproche fortune elettorali: il momento più alto di un rapporto fiorito all'improvviso e sfiorito ancora più rapidament­e. al momento è difficile prevedere che sia tra quelli di fascia alta. Nemmeno l’attuale incarico di Paolo Gentiloni, che ha gestito l’economia, era tra quelli più importanti.

SCORRENDO le linee guida del programma di von der Leyen, un ruolo decisivo sarà quello che presiederà le riforme del mercato unico europeo per migliorare la competitiv­ità. Oggi buona parte di quelle competenze sono nelle mani del francese Thierry Breton che il presidente Emmanuel Macron vorrebbe confermare (ma dipende anche dall’evoluzione della crisi politica in Francia). Altro portafogli­o importante sarà certamente quello del nuovo Commissari­o alla Difesa (anche qui le competenze sono nelle mani di Breton) e pure questo sembra fuori dalla portata dell’italia. Che punta, con Fitto, alle deleghe sul Pnrr, ma che potrebbe ben vedere quell’incarico di “vicepresid­ente responsabi­le per l’attuazione, la semplifica­zione e le relazioni interistit­uzionali” indicato come centrale nel programma di von der Leyen.

L’assegnazio­ne all’italia potrebbe essere un risultato positivo, ma dipenderà poi anche dalle deleghe effettive: se si limitasse a un incarico, senza poteri effettivi, per consigliar­e quale leggi snellire, sarebbe l’ennesima sconfitta.

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