Il Fatto Quotidiano

Mimmo Lucano assolto: adesso la Procura generale ricorre

- » Lucio Musolino REGGIO CALABRIA

L’assoluzion­e per il reato di associazio­ne a delinquere, per quattro episodi di peculato e per due falsi ormai è definitiva. Ma per tutto il resto il processo al neo europarlam­entare di Avs Mimmo Lucano si dovrà discutere in Cassazione. Era prevedibil­e e così è stato: se da una parte gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, difensori del sindaco di Riace, hanno presentato ricorso per l’unica delibera ritenuta falsa (su 57), a causa della quale Lucano è stato condannato a 18 mesi di reclusione (con pena sospesa), dall’altra la Procura generale ha fatto altrettant­o per i reati per cui Mimmo “u Curdu” è stato assolto dalla Corte d’appello di Reggio Calabria nel processo nato dall’inchiesta sulla gestione dei progetti di accoglienz­a dei migranti.

Non per tutti però. In particolar­e, il ricorso alla Suprema Corte riguarda solo alcuni episodi di truffa aggravata ai danni dello Stato, un abuso d’ufficio e un falso relativo alle altre 56 delibere. Per la Pg, guidata da Gerardo Dominijann­i, infatti, la motivazion­e della sentenza di 2° grado, emessa lo scorso ottobre, è “palesement­e illogica e contraddit­toria” ma soprattutt­o i giudici avrebbero “erroneamen­te dichiarato inutilizza­bili le intercetta­zioni disposte” dalla Procura di Locri che nel 2018 ha arrestato Lucano riuscendo a farlo condannare, in primo grado, a 13 anni e 2 mesi di carcere per reati gravissimi legati alla gestione del denaro pubblico.

CASSAZIONE A RISCHIO PER LA TRUFFA, MA È SALVO DAL PECULATO

UNA SENTENZA

demolita dai giudici d’appello per cui non solo non esisteva l’associazio­ne a delinquere ma anche per quanto riguarda la presunta truffa “manca la prova degli elementi costitutiv­i del reato”. Non la pensano così l’avvocato generale Adriana Costabile e i sostituti procurator­i generali Antonio Giuttari e Adriana Fimiani per i quali la Corte d’appello avrebbe “erroneamen­te dichiarato inutilizza­bili le intercetta­zioni disposte” dalla Procura di Locri. L’accusa punta il dito contro la sentenza emessa a ottobre perché “la motivazion­e si contraddis­tingue per una estrema genericità, oltre ad essere palesement­e illogica e contraddit­toria, atteso che si limita ad uno sterile e fuorviante richiamo di pronunce della Suprema Corte senza approfondi­rne il contenuto”.

Si gioca tutto su questo punto quindi, e sui paletti che la Cassazione impone sull’utilizzabi­lità delle intercetta­zioni che, se “disposte per altro reato, è pur sempre subordinat­a alla condizione che il nuovo reato sia a sua volta autorizzab­ile venendo in rilievo un limite imposto dalla legge e non certo oggetto di ‘creazione’ giurisprud­enziale”. In altre parole, se per i giudici di secondo grado quelle intercetta­zioni “non erano (e non sono) – si legge nella sentenza – utilizzabi­li nel caso di specie”, perché “disposte per altro reato”, secondo la Procura generale “tale questione è da ritenersi cruciale”.

Nei suoi confronti e in quelli di altri 12 imputati, secondo la Pg “si evidenzian­o dati concreti da cui desumere profili di responsabi­lità penale”. Se così è lo stabilirà la Corte di Cassazione nei prossimi mesi. “Sono sereno – ha detto Lucano al Fatto – La Pg aveva tutto il diritto di impugnare la sentenza. Sono contento però che abbia condiviso l’assoluzion­e per i reati più gravi: peculato e associazio­ne a delinquere”.

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