Il Fatto Quotidiano

Post-francia, Meloni ora cambia legge elettorale: far fuori i collegi

- GIA.SAL.

Domenica sera, mentre sulle television­i scorrevano i primi exit poll dalla Francia, a Palazzo Chigi si sono allarmati. E non solo per la sconfitta di Marine Le Pen, arrivata in testa al primo turno e molto sotto le aspettativ­e al secondo, solo terza. Un fronte popolare anche italiano – seppur con tutte le sue incoerenze – rischia di essere vincente anche da noi, è il ragionamen­to fatto dai collaborat­ori della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ieri è partita per Washington per il vertice Nato che inizia oggi e finisce venerdì. Per questo bisogna trovare una soluzione per rendere più difficile questa prospettiv­a da qui alle elezioni politiche: cambiare la legge elettorale. Il prima possibile. Il progetto dovrebbe essere presentato dalla maggioranz­a al rientro dalle ferie estive e la premier ha già affidato il dossier al suo consiglier­e giuridico Francesco Saverio Marini (il vero padre della riforma sul premierato) e al presidente della commission­e Affari Costituzio­nali, Alberto Balboni. Anche la ministra delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati vorrebbe occuparsen­e e ne parla con chiunque ma, come con la riforma costituzio­nale, leggerà il testo del disegno di legge solo a cose fatte. Nei giorni scorsi ha fatto una dichiarazi­one spiegando che si parte dal “Mattarellu­m” – vecchio modello utilizzato dal 1993 fino al Porcellum – ma è sembrato più un modo per addolcire la pillola del premierato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, padre di quella riforma delettoral­e.

UN MODELLO

preciso ancora non c’è. Se l’obiettivo è quello di evitare che il “fronte popolare” del centrosini­stra italiano possa sovrastare la maggioranz­a di governo, la prima idea è quella di eliminare il ballottagg­io: lo aveva proposto, dopo il primo turno delle elezioni francesi, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Questo potrà accadere, come sta provando a fare il centrodest­ra da mesi con diversi tentativi parlamenta­ri, nelle elezioni comunali, che a fine giugno sono risultate ancora una volta negative per la coalizione di governo (basta vedere i casi di Firenze, Perugia e Bari). A livello nazionale, invece, eliminare il ballottagg­io sarà praticamen­te impossibil­e: il premierato richiede un premio di maggioranz­a e la Corte Costituzio­nale boccerebbe qualsiasi legge senza un secondo turno. Per questo l’obiettivo è inserire il ballottagg­io con una soglia intorno al 42-43%. Ma la novità riguarderà il modello elettorale: per evitare che le forze di centrosini­stra possano unirsi in una “Union sacrée” diversamen­te dal 2022, l’idea è quella di eliminare i collegi uninominal­i. In Francia sono stati deleteri, tra desistenze e accordi locali tra i partiti di centrosini­stra.

Ieri lo ha proposto il vicepremie­r Antonio Tajani che, al consiglio nazionale di Forza Italia, ha parlato di un modello simile a quello delle Regioni: collegi plurinomin­ali con preferenze e premio al candidato presidente che prende più voti. Insomma, una sorta di “modello Sicilia”: basta prendere il 40% per essere eletti, senza ballottagg­io. A lui si è aggiunto il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri secondo cui in Francia il secondo turno “ha prodotto solo ingovernab­ilità”. Anche la Lega spinge per eliminarlo.

Fratelli d’italia invece sa che questo modello è più difficile da raggiunger­e e potrebbe proporre

Idea Proporzion­ale con premio sul modello delle Regioni o province Dossier al consiglier­e giuridico Marini e a FDI

il cosiddetto “Provincell­um” con cui, fino a qualche anno fa, venivano eletti direttamen­te i presidenti delle province: un modello proporzion­ale e collegi plurinomin­ali, con premio di maggioranz­a al candidato più votato.

L’ABOLIZIONE dei collegi uninominal­i, però, si porterà dietro il ritorno delle preferenze, che è un pallino della presidente del Consiglio: Meloni, infatti, non vuole dare l’impression­e di tornare alle vecchie liste bloccate scelte nelle segreterie dei partiti che riguardano, in parte, anche il Rosatellum con cui si è votato nel settembre del 2022.

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FOTO ANSA/LAPRESSE Preoccupat­i Antonio Tajani e la premier Giorgia Meloni. A destra, Roberto Occhiuto
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