Alcune considerazioni sull’intervista a Gratteri
Egregio procuratore Nicola Gratteri, estraggo dal suo articolo alcune parole fondamentali che “fotografano” il nostro attuale Paese. “Credibilità”, concetto non più ritenuto fondamentale per qualsiasi professione e sostituito da “adattabilità”, necessaria per raggiungere i propri obiettivi, buoni o cattivi che siano. Dentro casa si muore di più anche per infortunio, le morti bianche sul lavoro sono ormai considerate “routine”, non reati. Le nostre forze di polizia, più che al servizio dei cittadini sono al servizio dei politici come scorte, autisti, commessi e via dicendo. Le intercettazioni sono un “guaio” per i malintenzionati tutti e quindi vanno contrastate al massimo, meglio se proprio abolite. “Opposizione” non presente al momento, essendo anch’essa parte del “sistema”. In Italia è stato adottato il collaborazionismo al posto del riformismo. L’unica astensione valida è quella del voto per non “legalizzare” questa classe politica. Il silenzio più assordante di tutti a me sembra quello “istituzionale” che dovrebbe essere “tirato per la giacchetta” per far sentire, almeno, la “voce” della Costituzione. La legalizzazione delle droghe non sarà mai introdotta soprattutto perché la Chiesa la considera, come l’aborto, un “crimine contro la vita” e in Italia la Chiesa conta, eccome! Ho sintetizzato al massimo le sue idee per farle capire da “buon paesano” che lei è “una voce nel deserto” che nessun “disonesto” vorrebbe ascoltare, ma che a noi “poveri cittadini” fa piacere farlo. Ricordo ancora quando lei fu “rifiutato” come ministro della Giustizia del governo Renzi dalla buonanima di Re Giorgio e adesso capisco il perché! Grazie di esserci e buon lavoro.