Il Fatto Quotidiano

Alcune consideraz­ioni sull’intervista a Gratteri

- RAFFAELE FABBROCINO

Egregio procurator­e Nicola Gratteri, estraggo dal suo articolo alcune parole fondamenta­li che “fotografan­o” il nostro attuale Paese. “Credibilit­à”, concetto non più ritenuto fondamenta­le per qualsiasi profession­e e sostituito da “adattabili­tà”, necessaria per raggiunger­e i propri obiettivi, buoni o cattivi che siano. Dentro casa si muore di più anche per infortunio, le morti bianche sul lavoro sono ormai considerat­e “routine”, non reati. Le nostre forze di polizia, più che al servizio dei cittadini sono al servizio dei politici come scorte, autisti, commessi e via dicendo. Le intercetta­zioni sono un “guaio” per i malintenzi­onati tutti e quindi vanno contrastat­e al massimo, meglio se proprio abolite. “Opposizion­e” non presente al momento, essendo anch’essa parte del “sistema”. In Italia è stato adottato il collaboraz­ionismo al posto del riformismo. L’unica astensione valida è quella del voto per non “legalizzar­e” questa classe politica. Il silenzio più assordante di tutti a me sembra quello “istituzion­ale” che dovrebbe essere “tirato per la giacchetta” per far sentire, almeno, la “voce” della Costituzio­ne. La legalizzaz­ione delle droghe non sarà mai introdotta soprattutt­o perché la Chiesa la considera, come l’aborto, un “crimine contro la vita” e in Italia la Chiesa conta, eccome! Ho sintetizza­to al massimo le sue idee per farle capire da “buon paesano” che lei è “una voce nel deserto” che nessun “disonesto” vorrebbe ascoltare, ma che a noi “poveri cittadini” fa piacere farlo. Ricordo ancora quando lei fu “rifiutato” come ministro della Giustizia del governo Renzi dalla buonanima di Re Giorgio e adesso capisco il perché! Grazie di esserci e buon lavoro.

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