Siri, la Consulta boccia il no alle intercettazioni
La Corte costituzionale cassa lo scudo del Senato all’ex sottosegretario leghista (processo eolico): nel 2022 Palazzo Madama ha “menomato le attribuzioni del giudice”
non partecipa al voto in commissione sulle detenute madri e la maggioranza si spacca. Il partito di Tajani non ha appoggiato l’emendamento di FDI al ddl Sicurezza che rende facoltativo il rinvio della pena per donne incinta o con prole fino a un anno. Non solo: la commissione Giustizia del Senato ha bocciato l’emendamento della Lega al ddl di FDI sulla maternità surrogata come reato universale, che prevedeva una ulteriore stretta con il carcere fino a 10 anni e una multa fino a 2 milioni di euro. Hanno votato a favore solo i due senatori leghisti, contrari oltre alle opposizioni gli altri senatori di maggioranza
C’è un giudice a Berlino, anzi alla Consulta: ieri la Corte Costituzionale ha clamorosamente sconfessato il Senato che, con un blitz del centrodestra allargato a Italia Viva, nel 2022 aveva scudato il leghista Armando Siri dai perigli del processo a suo carico per corruzione in corso a Roma. Come? Palazzo Madama aveva negato ai magistrati della Capitale la possibilità di utilizzare otto intercettazioni assai compromettenti per l’ex sottosegretario (attuale superconsulente di Matteo Salvini a Palazzo Chigi), accusato di essersi dato da fare, dietro promessa di lauti guadagni, per favorire l’imprenditore Paolo Arata in affari col re dell’eolico Vito Nicastri, a sua volta considerato uno dei finanziatori della latitanza di Matteo Messina Denaro. Intercettazioni sull’utenza di Arata ritenute da Palazzo Madama in parte non necessarie e in parte non casuali, con una decisione rispetto alla quale la Procura di
Roma ha poi sollevato conflitto di attribuzione.
IERI LA CONSULTA
ha stabilito che il Senato ha abusato dei propri poteri sul salvacondotto a Siri. Ma anche stoppato sul nascere il tentativo di portare a segno un altro colpaccio: Palazzo Madama oltre a difendere il trattamento da leccarsi i baffi riservato al leghista ha anche rilanciato chiedendo alla Corte costituzionale di asfaltare la legge che consente ai magistrati di utilizzare le intercettazioni che, pur casualmente, abbiano come protagonisti i politici. Ma è andata male: dopo aver smentito la legittimità della decisione su Siri, la Consulta ha bocciato la mandrakata – lo scudo totale dalle intercettazioni per i parlamentari – perché fuori dal perimetro della Costituzione.
Ma prima l’antefatto. A marzo del 2022 il Senato pur di togliere dai guai Siri aveva sostenuto l’insostenibile. Ossia che i magistrati non avevano diritto di utilizzare due intercettazioni che lo riguardano perché all’epoca dei fatti non era ancora sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, come se, per i fatti contestati, facesse una qualche differenza che fosse comunque senatore. E le altre sei? Niet anche per quelle: in questo caso il Senato aveva risposto picche ai magistrati di Roma accusandoli di non aver sospeso immediatamente l’effettuazione delle captazioni pur rendendosi conto del possibile coinvolgimento di un parlamentare. Ebbene la Corte costituzionale ha bocciato in toto la ricostruzione del Senato tanto per le intercettazioni che aveva ritenuto non necessarie, quanto per quelle ritenute non casuali.
“Nel momento in cui il Senato ha ritenuto di negare l’autorizzazione ponendo a fondamento della sua deliberazione l’anteriorità delle conversazioni intercettate rispetto all’assunzione dell’incarico di sottosegretario, ha menomato le attribuzioni del Giudice (…). Né, da ultimo, ha fondamento la tesi sostenuta dalla difesa del Senato secondo cui l’attività svolta dal parlamentare Siri quando questi era ‘solamente’ senatore: la giurisprudenza è costante nel ritenere che integra il reato di corruzione per l’esercizio della funzione la condotta del parlamentare che accetti la promessa o la dazione di utilità in relazione all’esercizio della sua funzione e, quindi, per il compimento di un atto del proprio ufficio” ha scritto la Corte.
Non meno severo il giudizio sulle motivazioni con cui il centrodestra e Iv (questa volta con l’apporto anche del Pd) aveva deciso di negare l’autorizzazione ai magistrati sulle altre intercettazioni: “Deve ritenersi che l’ingresso nell’area di ascolto del senatore Siri sia del tutto occasionale, perché non sussiste alcuno degli elementi sintomatici che inducono a ritenere che il reale obiettivo delle autorità preposte alle indagini fosse quello di accedere indirettamente alle comunicazioni che questi ha avuto, nel periodo in considerazione, con l’altro imputato”.
RISPETTO
CASTA FUORI DALLA CARTA L’IMMUNITÀ TOTALE
a queste ultime intercettazioni la Consulta ha disposto che il Senato dovrà procedere a una nuova valutazione. Dulcis in fundo: a parte le decisioni che riguardano direttamente Siri, ieri la Corte costituzionale ha pure stroncato il tentativo messo a punto dall’avvocato di Palazzo Madama Giovanni Guzzetta: far dichiarare incostituzionale la legge 140 del 2003 in modo che le uniche intercettazioni consentite nei confronti dei parlamentari divenissero esclusivamente quelle autorizzate preventivamente da loro stessi. Questa la risposta della Consulta: “Non può in alcun modo ricavarsi dal precetto dell’articolo 68 della Costituzione, la possibilità – e, tanto meno, la necessità – che le intercettazioni diverse da quelle sottoposte al regime di autorizzazione preventiva per il solo fatto di coinvolgere un parlamentare, siano da ritenersi illegittimamente acquisite”.