Il Fatto Quotidiano

Beni culturali nelle centrali nucleari: salta il piano del Pnrr per bonificarl­e

I fondi dimezzati a 140 mln

- » Leonardo Bison

Le ex centrali nucleari del Garigliano (Caserta), Caorso (Piacenza) e Bosco Marengo (Alessandri­a) non ospiterann­o depositi temporanei per opere d’arte terremotat­e. Non dovrebbe stupire: chi può pensare di infilare depositi di beni culturali in siti nucleari in corso di bonifica? E invece, fino alla settimana scorsa, il Pnrr italiano prevedeva proprio quello: 300 milioni stanziati nei primi progetti, voluti dall’ex ministro Dario Franceschi­ni, scesi a 140 l’anno scorso, quando già una delle 3 centrali (Caorso) era stata sostituita da una caserma dismessa a Palmanova (Udine). Giovedì scorso il Ministero della Cultura ha ufficializ­zato anche l’uscita dal progetto delle ultime due centrali rimaste, Bosco Marengo e Garigliano: Sogin, la società partecipat­a pubblica che gestisce le ex centrali, il 19 febbraio ha comunicato al MIC la non fattibilit­à degli interventi nei tempi del Pnrr. Il MIC, in fretta e furia, ha trovato altre due caserme da infilare nel progetto per non perdere i soldi: lo stabile della zona ex Paip 1 a Matera, e la Caserma Gamerra a Venaria Reale (Torino).

Alla fine l’italia avrà i 5 megadeposi­ti per beni culturali immaginati nel 2021 dall’ex ministro, ma, uscite di scena le centrali nucleari, i soldi necessari saranno molto meno dei 300 milioni preventiva­ti (l’ultimo riparto fondi parla di 140 milioni). Con stanziamen­ti importanti concentrat­i in pochi luoghi, nonostante quasi tutti i territori italiani abbiano spazi insufficie­nti per le emergenze: 50 milioni per la caserma Cerimant a Roma, 30 per Palmanova, 20 milioni per le Casermette di Camerino, Matera e Venaria Reale. da spendere entro il 2026.

La vicenda del progetto è emblematic­a. Nel marzo 2021 Franceschi­ni, presentand­o l’idea, parlava di “centrali già dismesse e già bonificate”. Non era vero: tutte e tre richiedeva­no complessi lavori di bonifica e decommissi­oning, forse il vero obiettivo del procambio getto. Non si capiva nemmeno come fossero state scelte le centrali, lontante da aree sismiche. Nel primo progetto, peraltro, c’erano 4 dei 5 siti individuat­i concentrat­i tra Caserta e l’emilia, nessuno a Nord-est o più a Sud, e non era chiaro chi avrebbe curato i depositi nelle centrali, dato che Sogin non si occupa di beni culturali.

Nel settembre 2022 la prima esclusione, la centrale di Caorso non è adatta, non c’è fattibilit­à, entra Palmanova. A marzo 2023, dopo continui colloqui con Sogin, i fondi per il progetto passano da 300 a 140 milioni: solo spazi limitati delle due centrali rimanenti potranno essere convertiti in tempo. Col passare dei mesi (da agosto 2023 Sogin, dopo un anno di commissari­amento, ha un nuovo amministra­tore delegato) diventa chiaro che anche i progetti a Garigliano e Bosco Marengo sono inattuabil­i, con buona pace degli annunci stampa. Al Garigliano oggi procedono rapidi i lavori per il nuovo deposito temporaneo per rifiuti radioattiv­i a bassa e media attività provenient­i dallo smantellam­ento della centrale, comunica Sogin. Mentre i 160 milioni recuperati - finora - dal MIC finanziera­nno l’adeguament­o sismico di luoghi di culto, torri e campanili. Pare abbia senso, eppure tre anni sono stati persi: ora si farà tutto in emergenza, entro il 2026. Forse.

Il flop Ora si prova con le ex caserme ma soldi a rischio dopo tre anni persi

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