Corriere di Bologna

Amelio, il nuovo film dopo Venezia arriva a Bologna e Modena

- Piero Di Domenico

«Il mio non è un film di guerra, ma un film sulla guerra». Così Gianni Amelio al Lido di Venezia ha raccontato ieri il suo nuovo film Campo di battaglia, primo dei 5 film italiani in concorso alla Mostra di Venezia, a due anni dal precedente Il signore delle formiche. Ambientato nell’ultimo anno della Prima Guerra Mondiale, il film non mostra trincee e battaglie perché la guerra che si vede nel film, spiega Amelio, «è raccontata all’interno di un ospedale, dove arrivano centinaia di feriti ogni giorno e ci sono due medici, due amici, che hanno due idee diverse di come guarirli: curare per far ritornare i soldati a casa o per rimandarli a combattere?».

Domani sera Amelio con Alessandro Borghi, protagonis­ta con Gabriel Montesi, sarà a Bologna per la proiezione in anteprima del film. I due saranno in precedenza, alle 21,15, all’Arena Super Cinema Estivo di Modena. Poi alle 22,30 incontrera­nno il pubblico del Rialto dopo la proiezione delle 20,45, a seguire alle 23,15 si sposterann­o all’Arena Puccini di via Serlio 25/2, al termine della proiezione all’aperto che inizierà alle 21,30. Martedì sera saranno all’Arena Astra di Parma e poi all’Arena Stalloni di Reggio Emilia.

«Se bastasse un film avremmo risolto tutto - ha precisato il 79enne regista calabrese - purtroppo i film sono cose piccole rispetto agli interessi del potere. Perché le guerre, sia quelle passate che attuali, nascono dai potenti e dalla bramosia di conquista. La Prima Guerra Mondiale fu una guerra quasi fatta “a tavolino” dove poi l’Italia si è seduta insieme agli alleati, ma è stata combattuta e vinta con il sacrificio di centinaia di migliaia di innocenti, civili e militari. Erano ragazzi di 19 e 20 anni che non avevano addestrame­nto e che per la prima volta si trovavano a combattere, corpo a corpo, con in mano un fucile. Il film tocca dei sentimenti che vanno aldilà del tempo, cose che ci riguardano e pensieri che abbiamo fatto tante volte e domande alle quali forse non sappiamo dare ancora una risposta».

In laguna Amelio, che nel 1998 si era aggiudicat­o il Leone d’Oro con Così ridevano, ha anche precisato il suo modo di lavorare: «Io procedo in maniera particolar­e, sento le cose nelle viscere, non parto da un tavolo dove riverso delle idee o da un argomento solo perché tira».

Puntando il dito contro il potere anestetizz­ante delle immagini contempora­nee: «Oggi di immagini di guerra ne vediamo troppe. La tv, gli smartphone ci bombardano continuame­nte, con feriti e morti, non solo a Gaza o in Ucraina. Perché io credo che sia una guerra anche l’affondamen­to di un gommone. Le immagini vengono consumate con televisori accesi continuame­nte, ma quando si entra in una sala quelle che si ricevono sono delle emozioni. Per questo il mio film va visto solo in sala».

Alessandro Borghi, che accompagne­rà Amelio anche a Bologna, aggiunge come per lui fosse «importante raccontare una storia dove i personaggi fossero estremamen­te rigorosi e precisi, ma che non dessero la possibilit­à allo spettatore di capire da che parte stare, chi fa la cosa giusta e chi sbagliata. Questo ci permette di uscire dalla sala e porci la domanda su cosa avremmo fatto noi e nel cinema è molto importante».

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Gianni Amelio (Foto Vision) Regista

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