Tutto il mondo è teatro, il tempo della cura
Ètempo di cura. Delle persone, ma anche delle relazioni. Del presente, del futuro. Dei ricordi, delle esperienze. «Tutto il mondo è teatro», il progetto teatrale dell’associazione Tra un atto e l’altro, ideato da Angela Malfitano e Francesca Mazza, torna negli spazi di Villa Salina Malpighi di Castel Maggiore per la decima edizione con lo spettacolo Dieci. Accuratamente.
Il debutto è oggi, le repliche domenica e dal 4 al 7 settembre, ore 21 (prenotazione: 3395659516. Progetto inserito in Bologna Estate e sostenuto da Città di Castel Maggiore, Unione Reno Galliera e Regione Emilia-Romagna).
Nato come disegno itinerante all’interno di luoghi storici del nostro territorio, il progetto è stato sempre legato a un tema. Ad eccezione delle prime due edizioni infatti, è stato accompagnato da un sottotitolo esplicativo. Ricordando alcune edizioni passate, di anno in anno si è passati dal Guerre e pace di chiara ispirazione tolstojana del 2017 – con «guerre» volutamente al plurale – al Frankenstein di Mary Shelley del 2018; dall’avventura immaginaria in un’altra galassia in un anno che difficilmente dimenticheremo, il 2020, al Macondo del 2022, dedicato a Gabriel García Márquez.
E ora, la cura come filo conduttore. La performance è di e con – in rigoroso ordine alfabetico – Maurizio Cardillo, Fabrizio Croci, Oscar De Summa, Angela Malfitano, Marco Manchisi, Francesca Mazza, Gino Paccagnella, con la partecipazione di Cristina Carbone e la cura organizzativa di Claudia Manfredi.
Nelle intenzioni di questo lavoro, il concetto di cura apre a una riflessione molto ampia. Per cura si intende qui anche protezione, attenzione, impegno e soprattutto, si legge nelle note, «tutto ciò che si oppone all’incuria, all’indifferenza».
Al richiamo di una responsabilità individuale e sociale, «la cura è un gesto che chiede tempo».
Quanto alla forma avverbio, «accuratamente è una parola che contiene in sé diverse sfumature». Si va oltre.
Se il tempo che dovrebbe contenere quei gesti manca nella fretta delle nostre azioni quotidiane, forse la cura è fermarsi. È «silenzio, attesa. Come quella di un pubblico seduto in platea».
Il tempo del teatro può essere allora «un tempo di cura. O come quella di chi, dopo il tempo della scelta, dello studio e della creazione, sta per entrare in scena. L’intento è «costruire nell’atmosfera incantata di Villa Salina un percorso e una riflessione su ciò che è stato fatto, si fa e si può fare per recuperare un senso condiviso, quell’intima vicinanza della quale abbiamo tutti più che mai bisogno. Gesti semplici, parole preziose per fare comunità».
In questa suggestiva dimora cinquecentesca va in scena uno spettacolo inusuale: qui gli attori e le attrici, non una compagnia ma nemmeno un insieme occasionale, per alcune settimane abitano un luogo fisico che si fa spazio di libertà creativa e convivenza artistica. Tutti e tutte provengono da questo territorio. Tutti e tutte concorrono alla drammaturgia e la regia, per un teatro fuori dalle classiche logiche produttive.