La sorpresa degli operatori «Adesso serve un assessore autorevole e con pieni poteri»
Casi: «Un salto di qualità». Evangelisti: «Lepore deve delegare»
La rinuncia di Elena Di Gioia al ruolo di Delegata alla Cultura dopo due anni e mezzo scuote il mondo culturale bolognese. Sorpreso anche dalla tempistica, proprio nel bel mezzo di «Bologna Estate». La speranza diffusa è che si possa aprire davvero una nuova fase, pur riconoscendo meriti enormi a Di Gioia. Come fa Stefano Casi, direttore artistico di Teatri di Vita: «Il lavoro di Elena, che sintetizzerei con il termine ‘cura’, è stato improntato, per la sua storia personale, alla capacità di comprendere la complessità di quel mondo da cui proveniva. Ora però c’è bisogno di fare un salto con una figura di assessore plenipotenziario. Non più una figura militante, ma un amministratore in grado anche di raccogliere energie economiche oltre quelle pubbliche».
Casi auspica una figura autorevole, in grado di confrontarsi anche in un ambito nazionale su terreni economici e gestionali, portando sui vari tavoli questioni cruciali per la città.
Senza perdere tempo perché «ci sono anche molte convenzioni in scadenza, compresa la nostra, e bisogna che ci sia un assessore che comprenda cosa serva e trovi soluzioni».. Matteo Lepore ha troppo altro a cui pensare: «E’ vero che la cultura è così centrale per Bologna che può rientrare nella sfera del sindaco, ma ora occorre una presenza costante, assidua. Ricordo che Angelo Guglielmi, grande intellettuale dalle visioni strategiche, in un incontro ci disse che era venuto per progettare e invece si doveva occupare dei parcheggi davanti ai teatri o degli allacci dell’elettricità. Bologna ha già una rete formidabile di realtà culturali, bisogna però seguirle ogni giorno perché funzioni tutta quanta».
Anche Silvia Evangelisti, storica dell’arte e da maggio presidente dell’Accademia Clementina, chiede un cambio di passo: «Di Gioia ha fatto tanto, quello che si poteva senza avere potere decisionale ma solo la delega del sindaco. Speravo che fosse un passaggio verso l’assessorato, perché era lei il riferimento per la cultura in città. Ma così non è stato e non credo che Lepore, con tutte le cose che ha da fare, possa occuparsene. Ci sono tante cose che nessuno capisce, come aver preso la Palazzina Magnani per il Museo Morandi per poi spostarlo al Museo della Città, per me del tutto inadatto. Non si può pensare di mettere l’illustrazione in un piano, Morandi sopra, magari anche l’Ottocento, occorre un progetto». Mancano scelte politiche e risorse finanziarie, continua l’ex direttrice di Arte Fiera: «Il Mambo si arrabatta come può, così come il Museo della Musica. Solo la Cineteca va con le sue gambe perché Farinelli, bravissimo, l’hanno lasciato lavorare nel tempo. E’ tanto, ma il resto? Roversi Monaco aveva aperto 5 musei e ora glieli stanno chiudendo». Altrimenti, conclude, «si dica che l’amministrazione non è interessata alla cultura e che Bologna è solo tortellini, ristoranti e taglieri. A Bologna, invece, culturalmente le cose sono sempre successe un po’ prima, non dobbiamo perdere questo nostro tratto».