Gli strani delitti di Romagna
Non i tradizionali «noir» da spiaggia: l’odore dei soldi spinge al delitto
Dimenticate la sabbia dorata, le file di ombrelloni, il sole che vi scalda e il mare che vi rinfresca: la Romagna dei noir di Cristiano Cavina, scrittore di lunga navigazione, e di Patrizia Violi, giornalista, collaboratrice delle «Lettura» del «Corriere della Sera», autrice del blog «Extramamma» e di Una breve storia della letteratura rosa, vi portano da tutt’altra parte.
L’ananas no di Cavina (Bompiani, pagine 272, euro 16.90) e Il carico da undici di Violi (Salani, pagine 352, euro 18), due belle letture per l’estate, vi sprofondano in una Romagna che solo in parte ha il sapore di quella che conosciamo. Ci sono, sì, pizzerie, tipi originali, mercati con esuberanti venditori, discoteche, «vitelloni», con il mare solo sullo sfondo nel primo dei due romanzi usciti in questi giorni. Ma è una Romagna in cui la bonomia, la macchietta perfino, nascondono altro. E quell’«altro» è sempre la solita molla che spinge al delitto: l’odore dei soldi.
Nella storia di Cavina siamo in una pizzeria, dove sembra si siano concentrati vari fuggitivi dalla società. Il pizzaiolo, Manolo Moretti, è un ex sovrintendente della polizia penitenziaria con una storia familiare triste, una separazione alle spalle, che non si capirà bene fino alla fine: ha dato le dimissioni dal suo primo lavoro per non aver voluto tacere su un’ingiustizia, un pestaggio. D’altra parte, il suo datore di lavoro è un ex carcerato che vorrebbe costringerlo a fare una pizza all’ananas: ma c’è un limite a tutto, perfino in Romagna. Manolo vive in modo precario in un camper sotto sequestro: intorno a lui, che si trasformerà suo malgrado in investigatore, si muove un mondo di tipi particolari, con l’amico cacciatore e raccoglitore di funghi di frodo che viene dal suo paese di montagna, un prete ruvido, sempre montanaro, vari migranti, una donna che ha perso una figlia e non h più ritrovato sé stessa. Una sera, su una pizza ai funghi porcini, portati belli freschi dai monti, un vecchissimo ricchissimo avvocato, mentre sta con la sua badante venezuelana, un pezzo di «sventola», e con un suo segretario, si accascia morto sul piatto. I funghi non c’entrano, come si capirà che la bella badante non è proprio una ragazza e che il segretario, che di lì a poco passerà a miglior vita per suicidio, non è solo un segretario e che il suicidio non è proprio un suicido. Con una continua
” Nelle note finali i due autori narrano l’origine delle storie: la Romagna diventa suggeritrice di immaginazione
tensione tra presente e passato, tra fallimenti e voglia di vivere, tra bozzetti e svelamenti la storia si snoda, incalzante.
In un’altra Romagna siamo con il romanzo di Patrizia Violi. Si apre sulla piazza di Imola, in un giorno di mercato, quando tra le chiacchiere e i pettegolezzi di massaie e venditori si diffonde la notizia che in un luogo isolato, tra i «gessi», è stato trovato il cadavere di una ragazza, al momento senza nome. Siamo nel 1979, alla fine di una stagione, quella di «peace & love», dei viaggi in India, degli hippy e della droga come esperienza, quella della politica. Si stanno affacciando gli anni Ottanta, con la smania di fare soldi. E perfino un bellone senza arte né parte come Lenin Aldrovandi, barista in un centro anziani, ci prova, invischiandosi in una truffa, quella di travel cheques dichiarati smarriti e rimborsati dalle banche. Un rapimento andato male fa precipitare il piccolo mondo, fornendo al maresciallo Ponti materia da investigare. Intorno si muove un’intera costellazione di tipi che, come alcuni dei vecchi del ricovero e molti giovani, scopriremo diversi da come sembrano a una prima impressione. Gli stereotipi, i bozzetti romagnoli, anche qui, mostrano denti da lupo o da pescecane.
Nelle note finali i due autori narrano l’origine di queste storie: i tipi di L’ananas no, giura Cavina, sono veri, incontrati, conosciuti. Quelli di Un carico da undici sono stati inventati, ma lo spunto è nato da una di quelle cene di rimpatriata di classe a Imola, dove Violi è cresciuta. La Romagna diventa, in modi differenti, grande suggeritrice di immaginazione, per scavare il nostro mondo reale.