La Bologna misteriosa
Esce per Marsilio «Giochi di ruolo» di Genisi, spin-off di Lolita Loboscond Tra partite, Dams e delitto Alinovi
Bologna città chiave sin dagli anni ’80 per l’ancora oggi frequentato mondo dei giochi di ruolo. Basterebbe solo scorrere uno dei tanti annunci presenti nel web di ragazzi e ragazze che cercano gruppi proprio a Bologna per inserirsi in giochi di ruolo in presenza. Un mondo finito anche nel nuovo romanzo della pugliese Gabriella Genisi, creatrice di Lolita Lobosco. In questo caso si tratta di uno spin-off, perché il protagonista è Giancarlo Caruso, vicequestore siciliano in servizio a Padova, già in molti romanzi della commissaria interpretata in tv da Luisa Ranieri, presente anche in Giochi di ruolo (Marsilio, pp. 256, euro 15).
Nelle nuove pagine Caruso è alle prese con un cadavere rinvenuto in un villino sul litorale barese. Le indagini lo porteranno proprio in Emilia, dal momento che la vittima a 18 anni era partita da Manfredonia per andare a studiare al Dams di Bologna, e al mondo dei giochi di ruolo. Una via di mezzo tra gioco da tavolo e teatro per la drammatizzazione delle storie, che possono durare anche una vita intera.
Per Genisi «videogiochi ante litteram, che consentono ai giocatori di interpretare delle parti. Li trovo istruttivi, sempre che non ci si lasci prendere la mano perché quando succede il dramma può diventare tragedia. In Italia i giochi di ruolo arrivarono dall’America nei primi anni ‘80 ed ebbero un successo straordinario, soprattutto a Bologna». La tappa bolognese è centrale per risolvere il delitto, come si legge nel romanzo: «Tra le città, la più degna di nota è Bologna. Già negli anni Ottanta c’erano numerosissimi giocatori, al punto che sorsero molti circoli a tema dove si poteva giocare dal vivo. Alcuni gruppi frequentavano il Dams, e l’attitudine al teatro, come dicevo prima, aveva un peso notevole».
Genisi infatti, convinta che Bologna nasconda misteri intriganti, rievoca anche i «delitti del Dams». Per questo si è preparata con varie ricognizioni in «una città in cui non ci si annoia di certo e in cui ci si sposta in bicicletta». Citando anche l’imperdibile cinema in Piazza Maggiore e Salaborsa, «una delle biblioteche più note d’Italia». Come ha raccontato lei stessa, «ho visitato la città, ho perlustrato i quartieri, il negozio che cito nel libro, e sono andata a cena da una mia amica che abita proprio in via del Riccio dove è avvenuto il delitto Alinovi. Oltre a lei tra il 1982 e 1983 altre tre persone (un professore e due studentesse) furono assassinate tanto che la stampa parlò di killer degli intellettuali e di delitti del Dams. C’entravano i giochi di ruolo?».
A tal proposito nelle pagine si può leggere che «la giovane donna uccisa era una notissima critica d’arte, oltre a essere una docente della facoltà. Viveva in un mondo rutilante fatto di mostre, happening, vernissage d’oltreoceano e fiumi di cocaina, poi un giorno un suo allievo la uccise con quarantasette coltellate. O almeno questo stabilirono i giudici, nonostante il presunto omicida si sia sempre dichiarato innocente. La donna si chiamava Francesca Alinovi».