Corriere di Bologna

«Il ribelle Pancho Villa Esempio da ricordare»

Esce «Dieguito e il Centauro del Nord» (Mondadori). L’autore lo presenta in Salaborsa Cacucci: «Il Messico riparte dall’onesta dei suoi rivoluzion­ari»

- Di Piero Di Domenico

Dopo la lunga immersione nel ‘500 con il suo romanzo precedente, L’elbano errante, Pino Cacucci ritorna all’amato Messico. Con un libro che è sia un romanzo storico che una favola, ispirato alla figura di Pancho Villa e alla sua etica, raccontati da un abuelo, un nonno, a sua nipote. Dieguito e il Centauro del Nord (Mondadori, 192 pagg., 18,50 euro), titolo ispirato al soprannome del rivoluzion­ario messicano, verrà presentato da Cacucci martedì alle 18 in Salaborsa, in dialogo con Alberto Bertoni.

Cacucci, un romanzo sulla memoria da tramandare.

«È quello che mi premeva. È il racconto di un nonno a sua nipote di un episodio che gli era accaduto quando aveva 12 anni. Per dare valore a una storia da trasmetter­e ai giovani, che ha un valore ancora oggi. Pancho Villa è stato un esempio di grande etica».

In che modo?

«In Messico, dove nel 2023 è stato celebrato il centenario della morte, è un personaggi­o che continua a essere dibattuto. Inviso ai messicani discendent­i di latifondis­ti e grandi allevatori, ma con una eco popolare mai spentasi».

Lei ha anche tradotto in italiano la monumental­e biografia su Villa del suo amico Paco Ignacio Taibo II.

«Doroteo Arango, il suo vero nome, si diede alla macchia dopo aver cercato di difendere la sorella 15enne dal figlio della ricca famiglia dove lui e i suoi erano cresciuti come servi della gleba. Decise poi di assumere l’identità di Pancho Villa, un capo di briganti che come Robin Hood rubava ai ricchi per donare ai poveri, perché quell’identità non morisse mai».

Un rivoluzion­ario con obiettivi ben precisi.

«Aveva un’ossessione per l’alfabetizz­azione, tant’è che fonderà l’Haciuenda di Canutillo, una comunità per cui ingaggiò i migliori insegnanti, convinto che un Paese sarebbe stato civile solo quando un insegnante avrebbe avuto uno stipendio superiore a un generale. E lui ci provò davvero».

Canutillo è ancora oggi un luogo di memoria.

«La cosa positiva del Messico è che c’è una cultura museale viva e così, dopo decenni di abbandono, l’hacienda oggi mantiene ancora viva la memoria di una rivoluzion­e che fu sociale e non politica».

In che senso?

«Pancho Villa, Zapata e tutti quelli che li seguirono combatteva­no ma non per ottenere il potere. Una rivoluzion­e non per poltrone, che pure Villa avrebbe potuto ottenere. Ma lui era convinto che chi aveva combattuto non avrebbe dovuto governare, un’utopia che provarono a mettere in pratica».

Lei rimarca la loro onestà.

«Erano ribelli che combatteva­no ma con un’onestà di fondo. Un termine che oggi dobbiamo cercare in qualche vecchio vocabolari­o perché non si trova più. C’è una leggenda, che poi è vera, sui tesori nascosti da Villa. Ogni volta che sequestrav­a oro lo seppelliva. Lo andrà poi a riprendere per costruire scuole, tante come quante mai prima d’allora, o comprare per i contadini dei trattori all’avanguardi­a, che faceva prendere in Texas».

Da dove è nata l’idea del romanzo?

«All’inizio degli anni ’90 ero in viaggio per le montagne di Chihuahua e la mia guida mi raccontò che suo nonno gli diceva che a 12 anni in una grotta aveva trovato Pancho Villa ferito, che gli aveva puntato contro una pistola. Non so se sia vero o meno, ma in Messico si dice che poco importa se una storia è vera o falsa, ciò che conta è che sia ben raccontata».

Com’è il Messico di oggi?

«È un Paese di cui da noi si parla solo quando ci sono catastrofi, come l’uragano su Acapulco, e poi sparisce. Dopo il bagno di sangue dei decenni scorsi è iniziato un cammino ancora lungo, ma con qualche risultato che già si vede con il presidente Obrador, storico esponente della sinistra messicana. A cominciare da un’onestà di fondo che riprende l’esempio di Pancho Villa. A giugno ci saranno poi le elezioni e per la prima volta il Messico avrà un presidente donna perché le due candidate sono Claudia Sheinbaum e Xòchitl Gàlvez».

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Pino Cacucci, 68 anni, di Alessandri­a, si è trasferito a Bologna nel ‘75 per frequentar­e il Dams
Autore Pino Cacucci, 68 anni, di Alessandri­a, si è trasferito a Bologna nel ‘75 per frequentar­e il Dams

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