Corriere di Bologna

Bellini, la difesa vuole la perizia sulla foto e l’imputato in aula

- Andreina Baccaro

«Il processo d’appello a Paolo Bellini dev’essere celebrato con l’imputato in aula». Non si arrendono i difensori dell’ex terrorista nero di Avanguardi­a nazionale, condannato all’ergastolo per la strage del 2 Agosto, che ieri alla prima udienza del processo di secondo grado hanno rinnovato l’istanza alla Corte perché sia disposta la traduzione dell’imputato dal carcere di massima sicurezza di Spoleto o un suo trasferime­nto temporaneo in un carcere dell’Emilia-Romagna.

Il Dipartimen­to dell’amministra­zione penitenzia­ria ha negato questa possibilit­à alla vigilia del processo per motivi di sicurezza e di mancanza di personale, garantendo all’imputato il collegamen­to video. Ma per i difensori Manfredo Fiormonti e Antonio Capitella «il diritto costituzio­nalmente garantito di Bellini di assistere all’udienza è preminente rispetto alle esigenze di sicurezza». Il presidente della Corte d’assise Alberto Pederiali deciderà nei prossimi giorni, ma ha fatto intendere che si troverà una soluzione per permetterg­li di partecipar­e.

Bellini è detenuto dopo che a giugno è stato arrestato per le minacce di morte proferite in alcune intercetta­zioni contro l’ex moglie Maurizia Bonini e il giudice Francesco Maria Caruso. Proprio per questo il Dap ha negato anche un trasferime­nto temporaneo al carcere bolognese della Dozza, «per motivi di incompatib­ilità»: struttural­i del penitenzia­rio, rispetto al carcere di Spoleto, ma dovuti anche al fatto che è considerat­o un detenuto pericoloso, indagato per le stragi di mafia del ’92-’93 dalle Procure di Caltanisse­tta e Firenze e nel carcere di Bologna ci sono altri detenuti all’Alta sicurezza legati a Cosa Nostra.

Ieri inoltre i suoi difensori hanno anticipato la volontà di chiedere una perizia sul filmino amatoriale girato in stazione dal turista Harold Polzer: «c’è il fotogramma del video che abbiamo estratto dalla copia analogica fatta all’Archivio di Stato, da cui emerge l’orologio di una signora dietro al presunto Bellini che segna le 13.15 o le 12.15, incompatib­ile con la sua presenza a Rimini all’ora in cui dice la moglie». Le difesa punterà a smontare una prova cardine dell’accusa in primo grado.

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