Corriere della Sera

«Pago le tasse, ma l’ernia del disco mi è costata cara»

- R. R.

Abito a Lecco, sono un’insegnante in pensione, e ovviamente ho sempre pagato le tasse. Dopo aver avuto per qualche giorno un po’ di «sciatica», i dolori diventano lancinanti. Chiamo il 118 e vado al pronto soccorso dove mi viene assegnato il codice verde. Seguono più di 8 ore di attesa, e piango dal dolore. Alle 6 di mattina vengo visitata da una dottoressa che mi prescrive una radiografi­a. Apprenderò in seguito che l’ernia del disco, di cui avevo i sintomi, non si può vedere dalla radiografi­a, che infatti non rileva nulla. Vengo dimessa con una terapia di cortisone e antidolori­fici. Per tornare pago il trasporto in ambulanza. E di pagare non smetterò più. Continuo a peggiorare, ormai sono stesa supina sul letto, non riesco a girarmi su un fianco né a fare il più piccolo movimento. Torno al pronto soccorso. Codice giallo. Mi vede un neurochiru­rgo, mi viene fatta la Tac che conferma: è un’ernia che schiaccia completame­nte il nervo. Dovrei essere operata, ma non sono in pericolo di vita, quindi il dottore può solo mettermi in lista. Ma non ce la faccio più per il dolore. Chiedo se non è possibile essere operata in libera profession­e. Nel pomeriggio mi comunica che l’operazione può essere eseguita tre giorni dopo e costerà quasi 13.000 euro. Accetto disperata. L’intervento va bene. Ora il chirurgo mi ha prescritto una visita fisioterap­ica entro 10 giorni: telefono per prenotare e scopro che il primo appuntamen­to è a Bellano nel marzo 2025. Quindi pagherò anche questa visita, cosa volete che sia. Ma la mia storia spiega lo stato di salute della sanità a Lecco e chi lo paga: noi, che abbiamo sempre pagato le tasse.

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