CANADA, IL VOTO CHE OFFUSCA LA STELLA TRUDEAU
Anche i giovani belli invecchiano, nel fisico e nello spirito. A volte perfino politicamente. È accaduto a Justin Trudeau, ex enfant prodige e premier liberal del Canada, che alle elezioni suppletive a Montreal ha subito l’ennesima débâcle, perdendo un seggio storico finito nelle mani del blocco separatista Quebecois. Dopo nove anni al potere, la popolarità di Trudeau è ai minimi e il suo stesso partito è pronto alla rivolta in vista delle elezioni federali del prossimo anno. I sondaggi danno in rapida crescita il Partito conservatore guidato da Pierre Poilievre — quasi al 45% — che ha gioco facile nel puntare il dito contro il non più seducente Justin per il costo della vita in aumento e la crisi abitativa. Dietro le quinte, i Liberals — crollati al 25% — sono in ebollizione e in cerca di un nuovo carismatico leader in grado di contrastare l’ascesa di Poilievre, che vuole chiudere all’immigrazione e sembra subire il fascino del motto «Make America Great Again» caro a Trump. Non solo. Il Nuovo Partito Democratico questo mese ha annullato l’accordo bipartisan che dava al governo un certo margine di manovra in un Parlamento in cui i Liberali sono in minoranza. E già a inizio estate il sito Politico parlava apertamente di «agonia», paragonando Trudeau ad altri leader mondiali «con un piede nella tomba politica», dal britannico Rishi Sunak all’americano Joe Biden, entrambi «affondati» nel frattempo. Il premier canadese, però, ha dimostrato in questi anni di essere assai resiliente e parecchio sordo alle critiche. Trudeau, per ora, non getta la spugna. «Non andrò da nessuna parte. Devo combattere le persone che vogliono danneggiare questo Paese», ha detto pochi giorni fa in un’intervista radiofonica. E ieri ha rincarato: «Continueremo a lavorare. Abbiamo bisogno che le persone siano più coinvolte, che capiscano cosa è in gioco nelle prossime elezioni».