Corriere della Sera

«C’è carenza di dottori ma mi mandano in pensione Sarei rimasto altri 2 anni»

Per lui i pazienti avevano raccolto mille firme. «Mi sento tradito»

- Di Alfio Sciacca

«Mi dispiace soprattutt­o per i miei pazienti. Io non li visito mica al telefono. Mi hanno insegnato a fare così e per questo mi consideran­o ormai uno di famiglia. Molti sono anziani. Con loro, oltre alla ricetta, serve anche saperli ascoltare e magari offrire una parola di conforto».

Michele Zoboli si sente «tradito e amareggiat­o» a poche settimane dai suoi 70 anni. Dopo 38 di servizio a San Pietro in Casale e Galliera (Bologna) dovrà dire addio al suo lavoro di medico di famiglia. Lui che, invece, avrebbe voluto continuare per altri due anni. Come prevede la legge e come avviene in altre parti d’italia. Anche i vertici dell’ausl di Bologna si erano impegnati, soprattutt­o dopo la mobilitazi­one dei pazienti che avevano raccolto oltre mille firme. Non sembrava esserci alcun intoppo e la disponibil­ità di Zoboli era coerente con l’esigenza di tenere in servizio medici più anziani, visti gli enormi vuoti d’organico.

Ma qualche settimana fa, a sorpresa, l’ausl ha assegnato il posto di Zoboli a un altro medico. Lui si è rivolto al Giudice del Lavoro, che però ha respinto il ricorso in base a una clausola della disposizio­ne dell’ausl che gli permetteva di restare in servizio «solo se permaneva la carenza d’organico». Condizione che è venuta meno nel momento in cui un altro medico ha fatto richiesta per quel posto. Risultato: il 30 settembre Zoboli non avrà più il suo lavoro e neanche la pensione. «Mi era stato assicurato che sarei rimasto e quindi non ho presentato domanda», spiega. Non è tanto il rinvio di qualche mese per la pensione, ma il modo di operare dall’ausl. «Se proprio volevano coprire quel posto potevano almeno dirmelo per tempo. Io ho fatto domanda per restare a ottobre 2023. Fino a qualche mese fa c’era carenza d’organico e, improvvisa­mente, è venuta meno. E perché coprire proprio quel posto, visto che ci sono tante sedi vacanti?».

Nulla nei confronti del collega. «Per carità! Anzi avrei volentieri fatto anche un periodo di affiancame­nto e poi, serenament­e, sarei andato in pensione», dice. E questo per non lasciare in modo così brusco ciò che ha costruito in tanti anni. «Con altri 10 medici di base che operano in questa zona abbiamo realizzato un centro di medicina generale unico in Italia. Non facciamo solo visite: c’è una sala medicazion­e, area flebo, radiografi­e. Garantiamo il servizio 12 ore al giorno. E se non c’è il proprio medico di famiglia il paziente trova sempre un collega pronto ad assisterlo. È una medicina di gruppo che garantiamo da 30 anni».

«Non capisco — si accalora — perché si parla tanto di prolungare l’età di pensione dei dipendenti pubblici, di medici richiamati in servizio, e qui si vuole troncare in modo così brutale un rapporto unico con i pazienti». Inutile dire che «molti di loro mi hanno chiamato perché vorrebbero ancora mobilitars­i e fare appelli alle istituzion­i. Anche il mio avvocato, Maurizio Ferlini, farà ricorso in secondo grado. Giusto, anche se in me prevale l’amarezza». Ma perché è così ambito questo posto di medico di base e non altri? «Forse — azzarda — perché si è parlato tanto dei miei 1800 assistiti e magari avranno fatto gola. Ma le persone non sono pacchi da trasferire in blocco. I pazienti bisogna conquistar­seli giorno dopo giorno. Occorre meritarsel­a la loro fiducia. La stessa Ausl ha dimostrato di non preoccupar­si minimament­e neanche di quei mille pazienti che si sono mobilitati perché io resti in servizio».

A 70 anni

«Mi avevano assicurato che sarebbe stato possibile. Io non visito al telefono»

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