Corriere della Sera

Perù, morto Fujimori Al potere per 10 anni, poi altri 16 in carcere

- Sara Gandolfi

Lo chiamavano «el Chino», anche se era di origine giapponese. Era il padre padrone del Perù, amato e odiato da un popolo diviso da profonde diseguagli­anze sociali che Alberto Fujimori non ha mai realmente cercato di colmare. È morto a 86 anni il presidente che ha governato la nazione sudamerica­na per 10 anni, dal 1990 al 2000, e che poi ne ha passati 16 in galera, condannato per gravi abusi dei diritti umani.

Per i suoi sostenitor­i, ha salvato il Paese da un doppio male: la guerriglia, in particolar­e quella sanguinosi­ssima di Sendero Luminoso, e il collasso economico. Per i suoi detrattori, era un dittatore che abusò delle istituzion­i democratic­he. Accusato di aver ordinato due massacri a Lima in cui vennero trucidate 25 persone — uno nel quartiere Barrios Altos nel 1991 e il secondo all’università di La Cantuta l’anno successivo — Fujimori fu condannato anche come mandante dei rapimenti del giornalist­a Gustavo Gorriti e dell’uomo d’affari Samuel Dyer.

Nato nel 1938 da genitori emigrati dal Giappone, conseguì un master in matematica e diventò professore universita­rio. La svolta arrivò nel 1990 quando Fujimori, cavalcando un populismo di destra, sconfisse alle presidenzi­ali il futuro Nobel per la letteratur­a Mario Vargas Llosa. Ereditava un Perù in bancarotta, con un’iperinflaz­ione del 7.000% e scosso dalle stragi di Sendero Luminoso e del Movimiento Revolucion­ario Túpac Amaru. Il neo presidente lanciò subito una politica economica «lacrime e sangue» — il «Fujishock» — che provocò accese proteste. Così, governò per decreto e il 5 aprile 1992 promosse un «autogolpe» con l’appoggio dell’esercito: sciolse il Congresso e pose sotto controllo la magistratu­ra. Vinse anche le elezioni del 1995, consolidan­do un regime civile militare a tratti brutale, gestito dal capo dei servizi segreti, Vladimiro Montesinos, la sua «anima nera». Nel dicembre 1996 i guerriglie­ri Túpac Amaru assaltaron­o la residenza dell’ambasciata giapponese tenendo in ostaggio 72 persone per 126 giorni. Il sequestro finì con un’operazione militare ordinata da Fujimori, che liberò i prigionier­i. Morirono uno degli ostaggi, 14 guerriglie­ri e 2 agenti.

Si candidò poi per un terzo mandato nel 2000, nonostante la Costituzio­ne lo vietasse, e fu eletto dopo il ritiro dell’avversario, Alejandro Toledo, che denunciò «brogli di Stato». Pochi mesi dopo, un grave scandalo di corruzione toccò il suo braccio destro Montesinos, e Fujimori fuggì all’estero. Dal Giappone annunciò le dimissioni, ma il Congresso lo depose per «incapacità morale permanente». Fu arrestato in Cile ed estradato in Perù, dove nel 2009 venne condannato a 25 anni di carcere. Tra le accuse, anche l’aver costretto alla sterilizza­zione forzata almeno 1.300 donne andine. Dopo un breve periodo in libertà per un indulto poi revocato, Fujimori è rimasto dietro le sbarre fino al dicembre 2023.

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La bara dell’ex presidente peruviano Fujimori, morto a 86 anni a Lima, che ha governato dal 1990 al 2000
(Afp) Il feretro La bara dell’ex presidente peruviano Fujimori, morto a 86 anni a Lima, che ha governato dal 1990 al 2000
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«El Chino» Fujimori nacque a Lima nel 1938 da genitori giapponesi

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