Corriere della Sera

TANTO ORGOGLIO MA DIETRO C’È DELL’ALTRO

Spalletti è cambiato e ha saputo fare autocritic­a Si rivede un gruppo solido che usa schemi classici

- Dal nostro inviato a Parigi Fabrizio Roncone

No, vabbè. Un’italia strepitosa. Che gioca all’«italiana». È questa la prima riflession­e che viene da scrivere, mentre i nostri stanno tutti lì sotto, in mucchio, ad abbracciar­si e a dirsi cose belle (i francesi mortificat­i, Mbappé a capo chino, Saliba in ginocchio che chiede acqua): sì, ecco, abbiamo giocato all’italiana, come ci viene naturale. E bene. Molto bene. Chiusi e crudi, feroci in difesa. E poi bravi a ripartire. Letali nelle occasioni da gol.

Per chiunque abbia preferito guardarsi Sinner: sappiate che qui al Parco dei Principi, con la Nazionale, ci siamo divertiti come matti. Non succedeva da almeno un paio d’anni. E forse è presto per dire se, in questo gruppo azzurro, sia successo davvero qualcosa di importante e definitivo. Però, dopo l’ultimo drammatico europeo, è chiaro che c’è stata una scossa, una scintilla. Banalmente, si può pensare a una botta di puro orgoglio: ipotesi possibile e probabile. Il sospetto, però, è che ci sia anche dell’altro. Indizi concreti: le parole di profonda e struggente autocritic­a di Luciano Spalletti, il suo rinunciare ad essere esasperant­e negli allenament­i, e poi l’aver rinnegato il suo calcio visionario, complesso e fantasmago­rico, decidendo di affidarsi a schemi classici, familiari alla maggior parte dei suoi. Questo ha avuto un peso. Com’è ovvio, si capirà tutto e meglio già a Budapest, contro Israele, lunedì. Ma è chiaro che ci arriviamo con una certa allegria, diciamo così.

Imprevista. E impensabil­e. Il calcio resta un gioco meraviglio­so (con grande rispetto per voi che avete preferito il riccio Jannik). Per intenderci: il primo appunto preso all’inizio di questa Nations League è un mezzo scarabocch­io. Comunque dev’esserci scritta una roba tipo: Di Lorenzo disastro. Perché — si va per lampi di memoria — la partita è appena iniziata e lui cincischia su un pallone che gli appoggia Cambiaso, Barcola glielo strappa di potenza e parte, punta la nostra porta e calcia bene, forte e preciso: i francesi vanno così avanti dopo 12 secondi esatti (l’albania, agli Europei, l’avevamo fatta segnare dopo 23: se è una tattica, la stiamo perfeziona­ndo).

Guardare, dall’alto, Luciano Spalletti: testa incassata e mani in tasca, camminata elettrica (che manterrà poi per tutta la partita, spesso discutendo animatamen­te anche con il quarto uomo, vittima designata). La sua classica brace nelle pupille bisogna intuirla. Siamo in uno stadio piuttosto malconcio: questo Parco dei Principi — a parte il fatto che ci arrivi attraversa­ndo Parigi — ha una tribuna stampa come certi stadi della nostra serie B, e non ci sono monitor nelle postazioni, e stiamo stretti, e con chiarezza si capisce solo che la Francia viene avanti a folate (ma quanto è forte Olise? Magnifico) con giocate spesso di prima, e con un certo disinteres­se per la fase difensiva, tra fastidio, supponenza e forse pigrizia.

Senza incantare, ma con una ritrovata solidità, con una inedita convinzion­e, andiamo a prendere prima una traversa con Frattesi. Poi, dopo mezz’ora, pareggiamo. L’azione bisogna riconoscer­e che ha un suo disegno elegante ed è molto raffinata nella realizzazi­one, con dentro dosi di pura classe: notevole Tonali con il colpo di tacco che restituisc­e il pallone a Dimarco, pronto a cercare, in diagonale, l’incrocio.

Con onestà intellettu­ale: pochi secondi prima avevamo finito di dirci che schierare dal primo minuto Tonali è stato un vero azzardo, perché la prolungata assenza lo costringe a giocare sotto ritmo. Molto bene Ricci. Pellegrini abbastanza vivo, ma non è un 10, anche se è questo il numero che porta sulla maglia: il capitano della Roma è una mezzala, punto. Tanto vale, pensa forse Spalletti nell’intervallo, mettere uno che almeno vede di più la porta. Entra Raspadori, che inizia così a stare accanto a Retegui. Vero 3-5-2: un modulo che funziona. L’azione con cui passiamo in vantaggio produce un bellissimo e classico gol alla nostra maniera (lo segna Frattesi). «Contropied­é?», chiede ironico un collega francese. Sì, amico mio: è una roba che abbiamo nel sangue, anche se adesso i bambini appena arrivano nei settori giovanili vengono rimbambiti con stupida furia guardiolis­ta.

Lasciamo stare, è un guaio, servirebbe una pagina. E adesso? Francia un bel po’ confusa. Inizia a spingere con impeto, la buttano sulla forza fisica e sulla velocità. E poi è gente di grandiosa classe, si sa. Ma è chiaro che i nostri iniziano a credere nel colpaccio. Non mollano più su nessun pallone. E si aiutano. Calafiori e Bastoni stanno giocando un grande partita. Donnarumma è una sicurezza. Il terzo gol è di Raspadori.

Sulla Moleskine non c’è altro. Adesso scendiamo a sentire Spalletti (magari passando per il bar della sala stampa, e sperando che sia rimasto un po’ del formaggio di prima: a questi francesi puoi dirgli tutto, ma il formaggio sanno come si fa).

” Ammettiamo­lo: pochi secondi prima del via pensavamo fosse un azzardo Tonali titolare

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Luciano Spalletti, 65 anni, esulta per il successo degli azzurri a Parigi
(Lapresse) Felice Luciano Spalletti, 65 anni, esulta per il successo degli azzurri a Parigi

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