TANTO ORGOGLIO MA DIETRO C’È DELL’ALTRO
Spalletti è cambiato e ha saputo fare autocritica Si rivede un gruppo solido che usa schemi classici
No, vabbè. Un’italia strepitosa. Che gioca all’«italiana». È questa la prima riflessione che viene da scrivere, mentre i nostri stanno tutti lì sotto, in mucchio, ad abbracciarsi e a dirsi cose belle (i francesi mortificati, Mbappé a capo chino, Saliba in ginocchio che chiede acqua): sì, ecco, abbiamo giocato all’italiana, come ci viene naturale. E bene. Molto bene. Chiusi e crudi, feroci in difesa. E poi bravi a ripartire. Letali nelle occasioni da gol.
Per chiunque abbia preferito guardarsi Sinner: sappiate che qui al Parco dei Principi, con la Nazionale, ci siamo divertiti come matti. Non succedeva da almeno un paio d’anni. E forse è presto per dire se, in questo gruppo azzurro, sia successo davvero qualcosa di importante e definitivo. Però, dopo l’ultimo drammatico europeo, è chiaro che c’è stata una scossa, una scintilla. Banalmente, si può pensare a una botta di puro orgoglio: ipotesi possibile e probabile. Il sospetto, però, è che ci sia anche dell’altro. Indizi concreti: le parole di profonda e struggente autocritica di Luciano Spalletti, il suo rinunciare ad essere esasperante negli allenamenti, e poi l’aver rinnegato il suo calcio visionario, complesso e fantasmagorico, decidendo di affidarsi a schemi classici, familiari alla maggior parte dei suoi. Questo ha avuto un peso. Com’è ovvio, si capirà tutto e meglio già a Budapest, contro Israele, lunedì. Ma è chiaro che ci arriviamo con una certa allegria, diciamo così.
Imprevista. E impensabile. Il calcio resta un gioco meraviglioso (con grande rispetto per voi che avete preferito il riccio Jannik). Per intenderci: il primo appunto preso all’inizio di questa Nations League è un mezzo scarabocchio. Comunque dev’esserci scritta una roba tipo: Di Lorenzo disastro. Perché — si va per lampi di memoria — la partita è appena iniziata e lui cincischia su un pallone che gli appoggia Cambiaso, Barcola glielo strappa di potenza e parte, punta la nostra porta e calcia bene, forte e preciso: i francesi vanno così avanti dopo 12 secondi esatti (l’albania, agli Europei, l’avevamo fatta segnare dopo 23: se è una tattica, la stiamo perfezionando).
Guardare, dall’alto, Luciano Spalletti: testa incassata e mani in tasca, camminata elettrica (che manterrà poi per tutta la partita, spesso discutendo animatamente anche con il quarto uomo, vittima designata). La sua classica brace nelle pupille bisogna intuirla. Siamo in uno stadio piuttosto malconcio: questo Parco dei Principi — a parte il fatto che ci arrivi attraversando Parigi — ha una tribuna stampa come certi stadi della nostra serie B, e non ci sono monitor nelle postazioni, e stiamo stretti, e con chiarezza si capisce solo che la Francia viene avanti a folate (ma quanto è forte Olise? Magnifico) con giocate spesso di prima, e con un certo disinteresse per la fase difensiva, tra fastidio, supponenza e forse pigrizia.
Senza incantare, ma con una ritrovata solidità, con una inedita convinzione, andiamo a prendere prima una traversa con Frattesi. Poi, dopo mezz’ora, pareggiamo. L’azione bisogna riconoscere che ha un suo disegno elegante ed è molto raffinata nella realizzazione, con dentro dosi di pura classe: notevole Tonali con il colpo di tacco che restituisce il pallone a Dimarco, pronto a cercare, in diagonale, l’incrocio.
Con onestà intellettuale: pochi secondi prima avevamo finito di dirci che schierare dal primo minuto Tonali è stato un vero azzardo, perché la prolungata assenza lo costringe a giocare sotto ritmo. Molto bene Ricci. Pellegrini abbastanza vivo, ma non è un 10, anche se è questo il numero che porta sulla maglia: il capitano della Roma è una mezzala, punto. Tanto vale, pensa forse Spalletti nell’intervallo, mettere uno che almeno vede di più la porta. Entra Raspadori, che inizia così a stare accanto a Retegui. Vero 3-5-2: un modulo che funziona. L’azione con cui passiamo in vantaggio produce un bellissimo e classico gol alla nostra maniera (lo segna Frattesi). «Contropiedé?», chiede ironico un collega francese. Sì, amico mio: è una roba che abbiamo nel sangue, anche se adesso i bambini appena arrivano nei settori giovanili vengono rimbambiti con stupida furia guardiolista.
Lasciamo stare, è un guaio, servirebbe una pagina. E adesso? Francia un bel po’ confusa. Inizia a spingere con impeto, la buttano sulla forza fisica e sulla velocità. E poi è gente di grandiosa classe, si sa. Ma è chiaro che i nostri iniziano a credere nel colpaccio. Non mollano più su nessun pallone. E si aiutano. Calafiori e Bastoni stanno giocando un grande partita. Donnarumma è una sicurezza. Il terzo gol è di Raspadori.
Sulla Moleskine non c’è altro. Adesso scendiamo a sentire Spalletti (magari passando per il bar della sala stampa, e sperando che sia rimasto un po’ del formaggio di prima: a questi francesi puoi dirgli tutto, ma il formaggio sanno come si fa).
” Ammettiamolo: pochi secondi prima del via pensavamo fosse un azzardo Tonali titolare