DIRIGO COME IN «FANTASIA»
Una nuova stella prende in mano l’orchestra creata da Abbado nella stagione che si apre il 19 ELIM CHAN, BACCHETTA DI HONG KONG GUIDA LA MAHLER A FERRARA MUSICA «ESORDIO DISNEYANO E AMO LA BOXE»
Non ho mai incontrato Abbado e non l’ho neppure mai sentito dal vivo. Però ho ascoltato con le mie orecchie il suo suono, ho toccato con mano il suo spirito, che vivono ancora non solo nelle incisioni, ma nelle orchestre che ha creato. Studiando il quarto concerto per pianoforte di Beethoven ho ascoltato anche il primo concerto, perché registrato proprio a Ferrara con Claudio e Martha Argerich: il loro Beethoven. E stare sul podio davanti alla Mahler equivale a immergersi nel modo che Claudio aveva di fare musica: l’orchestra ha un’energia pazzesca, tutti si sentono coinvolti al massimo nell’idea del brano, tutti ascoltano tutti».
Si entusiasma Elim Chan, protagonista a Ferrara con la Mahler nella sinfonia «Italiana» di Mendelssohn e con un mito del pianoforte quale Maria Joao Pires nel Quarto di Beethoven. Se una donna sul podio è ancora qualcosa di insolito, ancor più raro è vedere ai massimi livelli un direttore di Hong Kong. «Diciamo che per la mia esperienza, all’inizio era molto più strano decidere di diventare direttore che il voler salire sul podio: il primo concerto cui assistetti – avevo otto anni – fu con la Hong Kong Sinfonietta diretta da una donna, Yip Wing-sie, quindi, mi è parso fin da subito possibile. Piuttosto, a me come a tutti i giovani di Hong Kong veniva ripetuto che bisognava diventare dottore, avvocato, psicologo, finanziere; mio padre era un artista, ma fu quasi un deterrente: mi intimidiva dicendo che se non l’avessi fatto al 100% non dovevo neppure provarci».
In effetti Chan si trasferì in America, diciottenne, per studiare psicologia allo Smith College, nel Massachusetts, dove si laureò nel 2009. «Eppure la musica, incontrata a sei anni col pianoforte e il violoncello e poi come corista, sarebbe poi tornata inesorabilmente a battere alla mia porta» - ricorda - e l’avrebbe fatto rapidamente: nel 2014 divenne la prima donna a vincere la «Donatella Flick Conducting Competition», che le diede, oltre alla notorietà, la possibilità di lavorare con la London Symphony. «Io stessa mi sorprendo: non mi sono mai considerata un talento, un prodigio. Suonavo, poi iniziai a cantare, ma ero una dei tanti, tutto è quasi accaduto per caso. A dodici anni il maestro del coro della scuola chiese a me – non ho mai capito perché, forse aveva intuito qualcosa – se volessi dirigere uno dei brani in programma. Rimasi stregata: mi sentivo come Topolino in “Fantasia” di Disney quando, sulle note dell’apprendista stregone di Dukas, stropicciando le dita fa muovere tutti gli oggetti della sala. Io muovevo le dita e le voci cantavano seguendole: una magia».
Anche la prima volta con un’orchestra venne improvvisa: «Ero già in America, cantavo ancora nel coro universitario; stavamo provando il Requiem di Verdi, il direttore voleva sentire l’effetto in fondo alla sala e siccome anche lì avevo diretto un brano corale, mi chiese se me la sentissi di dirigere il Dies irae. Mi dissi: l’ho studiato, conosco bene anche la parte strumentale, perché no?, capivo che poteva essere una sliding door e mi buttai». Da allora il suo percorso è stato un crescendo continuo: i debutti al Musikverein di Vienna, con la Chicago Symphony, vari progetti con la Mahler, tra cui quello che la porta a Ferrara e in altre città d’italia, «Paese stupendo cui Mendelssohn dedica la sua sinfonia più popolare. È difficile: tecnicamente è ardua, ma deve sempre sembrare leggera, spontanea; ha un’energia incredibile, ma non può debordare, deve vibrare in forme brevi, essenziali, non lasciare mai un’impressione di potenza ma di leggerezza e freschezza, perché soprattutto all’inizio dominano la luce e il calore del Sud».
Ulteriore curiosità, Chan pratica boxe: «Ho iniziato dieci anni fa a Londra. Stare sul podio è logorante, ti irrigidisci, hai male al collo, alle braccia; cercavo qualcosa che mi aiutasse fisicamente. Ho provato per caso ed è stata una rivelazione: il corpo migliora, studiando come tirare pugni ho capito che le braccia e le spalle influiscono sul muoversi delle dita, e anche il busto e il collo possono muoversi in modo molto diversi. Da allora sul podio sto in modo diverso e il suono che ottengo dalle orchestre è cambiato». Sportivo come lei, tra le bacchette famose, solo Lorenzo Viotti. «Perché no, potremo sfidarci... - ride -. Il podio come ring.. incontrarlo non sarebbe male!».
Sul podio per caso a dodici anni: mi sentii fare una magia alla Topolino
Allenarmi coi guantoni mi aiuta a dirigere, il suono che ottengo ora
è migliore