MORTI E NAUFRAGI, PROMEMORIA PER LO STUPORE
Qualche numero come promemoria: sono 44 i dispersi degli ultimi due naufragi davanti alle coste della Libia. Tra loro ci sono tre bambini di 5, 7 e 10 anni. Il primo era col papà. I due più grandi, invece, erano non accompagnati, affidati a conoscenti pur di raggiungere l’europa. Secondo le dichiarazioni dei superstiti — per lo più siriani e sudanesi — avevano pagato 5.500 euro per la traversata. Un’enormità. Nonostante il fatto che sbarchi e vittime quest’anno siano in diminuzione, se alziamo lo sguardo sul Mar Mediterraneo, diventato un cimitero, troviamo altri numeri: sono più di mille i morti dall’inizio dell’anno; 30.200, secondo dati Onu, i morti e dispersi in mare dal 2014 , molti dei quali minori. Senza neanche bisogno di alzare lo sguardo troviamo migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini che scappano dalle guerre, dalla povertà estrema, dalla crisi degli aiuti umanitari che ormai arrivano con sempre maggiore difficoltà.
I soccorsi in mare non sono sufficienti, o arrivano troppo tardi e quando potrebbero essere tempestivi vengono ostacolati. L’organizzazione non governativa Sea Watch è convinta che il barchino naufragato a 10 miglia da Lampedusa sia lo stesso che era stato segnalato 3 giorni prima dal loro aereo da ricognizione a 26 miglia nautiche dalla costa italiana. In una nota un’altra ong Mediterranea — che solo pochi giorni fa ha ricevuto una diffida a «salvare vite» dalle nostre autorità — denuncia «l’abbandono per giorni di imbarcazioni in distress, in grave pericolo, nonostante le segnalazioni e nonostante siano perfettamente individuate dai sistemi satellitari e aerei di controllo di cui le autorità dispongono».
Altri numeri ce li ricorda l’arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano: «Nessuna politica potrà mai riuscire a frenare del tutto i flussi migratori che coinvolgono oggi oltre 218 milioni di individui in tutto il mondo».
I numeri non hanno valori, non hanno emozioni, non provano rimorso o vergogna: sono solo un promemoria per noi che continuiamo a stupirci.