Castellitto jr e l’italia delle pornostar: ascesa e caduta del manager Schicchi
La regista Steigerwalt: in «Diva Futura» la storia controversa di un fabbricante di illusioni
VENEZIA La parola pornostar la inventò lui: Riccardo Schicchi, regista e imprenditore di sesso, morto a 59 anni nel 2012, protagonista di Diva Futura, opera seconda di Giulia Louise Steigerwalt, prodotta dal marito Matteo Rovere che lo definisce «un film educativo».
Pietro Castellitto restituisce il paladino della libertà sessuale. Stessi occhi incavati e candore erotico, la camminata ciondolante che sembrava uno scoiattolo venuto male, i piedi in dentro, magro, poco atletico e poco in forma, i calzoni troppo lunghi.
Dice: «I trentenni come me conoscono lo Schicchi sul viale del tramonto. Aveva un’aderenza tra il corpo e il pensiero che poi si è scollata. E c’era qualcosa di potente e poetico, di profondo che non ha tradito, è rimasto fino all’ultimo il bambino che spiava le dirimpettaie col telescopio. E’ riuscito a fare la vita che voleva, ha creato un mondo dove mettere il suo mestiere». L’entusiasmo infantile di Schicchi nel liberare l’immaginario erotico collettivo non gli faceva vedere anche certi aspetti squallidi, che nel film non ci sono.
Con la voce fuori campo Schicchi-castellitto dice: «La società ci condanna da un lato e dall’altro ci sogna e desidera. E a noi stupire e creare scandalo ci piaceva tanto». Gli diedero 4 anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
La regista: «Quel desiderio è accettabile dalla società solo se rimane segreto. Quando vollero fare altro furono bloccate. Il porno influenzò la cultura, poi degenerò aprendo la strada a un immaginario distorto della sessualità e del femminile. Violenza e mercificazione presero il sopravvento, invece quel mondo era leggero, confusionario, cialtronesco nell’assenza di pudore. Oggi fa quasi sorridere».
Ci sono immagini di programmi tv con Baudo, Fazio, Costanzo: le pornostar entrano nelle case di tutti. Le tre vestali sono Ilona Staller, (Lidija Kordic, montenegrina, i suoi genitori le hanno detto che la conoscevano bene, lei mai sentita nominare), Moana Pozzi (Denise Capezza che ricorda quando diceva che era timida e succedeva quando metteva a nudo i sentimenti) e Eva Henger, personaggio enza ironia ( Tesa Litvan).
Da un’intervista di Enzo Biagi a Ilona: «Lei è un’infermiera?». «No, sono una missionaria dell’amore». Resta per sempre il marchio di pornostar, le ragazze della porta accanto che acquistano fama in mezzo mondo. «E’ la storia di una grande illusione, diventare dive prendendo la scorciatoia del porno».
Moana si definisce «un’esibizionista». Voleva gli sguardi su di sé ma un malessere la scavava dentro. «Quando tentai il cinema normale, ci provavano tutti», dice nel film. E infine Eva Henger, che girò i porno per salvare Schicchi, suo marito, dal crack finanziario. Ma poi, si pentì.
Il film è visto con gli occhi della timida segretaria di Schicchi, Debora, col volto di Barbara Ronchi: «Non sapevo che abitassero nello stesso condominio come in una famiglia, tra gelosie e aiuti reciproci». Schicchi la chiamò sempre signorina, dandole del «lei». Nella scena clou Barbara riferisce la assurda proposta di un’intervista tv alle pornostar col passamontagna. E lui: «Le donne non vanno mai mortificate». Riccardo Schicchi era amorale ma non immorale.
Con Eva erano marito e moglie, quando si lasciarono restarono sposati, e andarono a vivere tutti e tre insieme: lui, Eva e l’attuale marito.