Corriere della Sera

TORTURE, ISRAELE DICA NO A OGNI CEDIMENTO

- Di Maurizio Caprara

La guerra è guerra e malgrado lo si neghi durante un conflitto casi di torture di prigionier­i non mancano quasi mai. Non ne mancarono, e non fu un onore, neppure durante la giusta lotta del nostro Paese contro il terrorismo negli anni Settanta. Questo tuttavia conferma e non riduce il valore fondamenta­le dei progressi che nel mondo le democrazie, gradualmen­te, hanno compiuto decidendo di non ritenere più legali i mezzi violenti di punizione e di interrogat­orio che erano ordinari in secoli precedenti verso reclusi e inquisiti. È dunque motivo di preoccupaz­ione e indignazio­ne quanto accaduto in Israele, a fine luglio, quando gruppi di contestato­ri di estrema destra hanno fatto irruzione nella base di Sde Teiman chiedendo il rilascio di nove militari arrestati con l’accusa di aver sottoposto a violenza sessuale un ufficiale della polizia di Hamas catturato. Alcuni dei manifestan­ti sono riusciti a raggiunger­e il luogo di detenzione dei nove.

Il New York Times ha riferito che tra i contestato­ri rientravan­o tre parlamenta­ri della coalizione del governo di Benjamin Netanyahu. Secondo la rete Abcnews erano coinvolti nelle proteste anche un paio di ministri. Stando al Jerusalem Post, uno. La prima testata ha riferito che a un parlamenta­re del Likud, Hanoch Milwidsky, altrove è stato chiesto se fosse accettabil­e abusare sessualmen­te di un detenuto e la sua risposta è stata di sì: «Se lui è Nukhba, tutto è legittimo da fare. Tutto».

Nukhba è un’unità di élite di Hamas che ha la responsabi­lità di numerose delle 1.200 feroci eliminazio­ni di israeliani compiute il 7 ottobre. Legittimo è che le forze israeliane ne cerchino i componenti e li colpiscano in combattime­nti a Gaza. Illegale e incivile è che essi vengano sottoposti ad abusi sessuali con mezzi di offesa se catturati.

«Vogliamo uno Stato qui o delle milizie che fanno quello che vogliono?» è stata una domanda posta al Paese da un ex primo ministro israeliano di destra, Naftali Bennett. «Smettete di gettare benzina sul fuoco», ha aggiunto riferendos­i ai contestato­ri di Sde Teiman e a chi li appoggia.

L’esercito aveva mandato due battaglion­i a difendere la base. L’inchiesta sull’abuso sessuale durerà ancora. Nei giorni scorsi tre dei nove militari sono stati rilasciati e per cinque sono stati disposti brevi arresti domiciliar­i.

Spesso le Nazioni Unite sono risultate sbilanciat­e contro Israele. Ma anche se fossero vere soltanto in parte andrebbero considerat­e le affermazio­ni recenti dell’alto commissari­o dell’onu per i diritti umani, l’austriaco Volker Türk, su centri di detenzione israeliani: «Le testimonia­nze raccolte dal mio ufficio e da altre entità indicano una serie di atti spaventosi, come il waterboard­ing (soffocamen­to con acqua interrotto prima delle estreme conseguenz­e, ndr) e il rilascio di cani sui detenuti, in flagrante violazione del diritto internazio­nale».

Il Servizio Prigioni Israele, la struttura di Stato, nega la veridicità di analoghi addebiti contenuti in rapporti di organizzaz­ioni di volontaria­to. Allo stesso tempo rivendica che dopo il 7 ottobre «sotto la direzione del ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-gvir le condizioni per i prigionier­i di sicurezza in carcere sono peggiorate. In accordo con la politica del ministro, sono stati bloccati migliorame­nti applicati in passato».

Hamas ha commesso crimini raccapricc­ianti. Tuttora a Gaza tormenta decine di ostaggi israeliani innocenti, la cui sola prigionia è di per sé barbara. In ottobre terroristi palestines­i (e alcuni civili, per modo di dire) usciti da Gaza hanno inflitto a ragazze e donne ebree stupri ricostruit­i con dati di fatto dal documentar­io Urla prima del silenzio, Screams before silence, reperibile su Internet.

Israele dunque ha l’indubbio dovere di difendere se stesso. Anche, di certo, da coloro che dall’interno collidono con la sua preziosa democrazia e con il suo Stato di diritto.

Il caso

L’ex primo ministro Bennett: «Vogliamo uno Stato qui o delle milizie che fanno quello che vogliono?»

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