Fisico, testa, tecnica e eleganza: anatomia del fenomeno Ceccon
PARIGI Per spiegare perché Thomas Ceccon (da oggi impegnato nei 200 dorso con l’obiettivo di andare in finale) è un nuotatore come ce ne sono pochi a livello internazionale, si può partire dal fisico, dalla testa o dal futuro che lo attende perché la sua eccezionalità chiama a scelte che raramente ci si deve porre. Il fisico, allora, l’aspetto più evidente: alto 1,97, forma «alla Phelps», vitino sottile, bacino basso, «dislocante» per usare la parola dell’allenatore che lo segue da quando ha otto anni, Alberto Burlina, un termine che significa, semplificando molto, che invece di planare sull’acqua, si apre la rotta spostandola ai lati (i corpi più «lunghi e stretti» hanno meno resistenze tra due cavi d’onda). Madre natura lo ha dotato di una serie di caratteristiche esclusive: «Thomas è molto acquatico, ha una sensibilità, un talento nella percezione dell’elemento fuori dal comune». Il suo gesto è «economico» e anche molto bello, perché Thomas è un cultore della tecnica (e ieri notte, dopo aver cenato con riso e pollo, rientrato nell’appartamento 802 quando Miressi dormiva si è riguardato più volte e si è piaciuto). E, come ormai hanno capito tutti, è un animale raro in Italia, un polivalente: «Inizialmente il dorso non era neanche lo stile dove riusciva meglio», ricorda Burlina. La polivalenza come esaltazione di un talento fuori scala, certo, ma anche come antidoto alla noia: «Lo abbiamo capito subito, era un bambino che aveva bisogno di continui stimoli». E ora che l’oro tanto promesso ce l’ha al collo che si fa? «È lo stesso: la condizione necessaria sarà dare a Thomas stimoli nuovi, per evitare che subisca il contraccolpo dopo la vittoria. E poi preparare una gara sola non è il nostro stile». L’idea di Burlina è di provarlo nei 200 misti («in vasca corta aveva un record europeo juniores»), non sarà facile lasciare i 100 dorso. Piuttosto, c’è un micro rammarico di non aver portato qua i 100 stile: «Sì c’è, ma me ne prendo la colpa. Quando era il momento di fare il tempo per qualificarsi non eravamo pronti, c’era stato l’infortunio al
dito, e ho preferito dare priorità al recupero. Ho pensato: meglio tre finali con bronzi e argenti o un oro olimpico?». Non c’è nessuno in Italia che abbia dubbi ora. E qui si arriva all’ultimo fattore: la testa. Essere per due anni il favorito «mentalmente ti uccide», ha confessato Ceccon. «A me sembrava normale — continua Burlina —: fai il record del mondo a 21 anni, è chiaro che vai per l’oro. Ma non so se lo ridirei». Thomas ha domato la sua ossessione, ha imparato dalle sconfitte (il riscaldamento scarso ai Mondiali, la tattica di gara) e infine la crescita personale ha smussato (un po’) gli eccessi da ribelle. «Finché non è diventato uomo, nelle relazioni era un disastro. Adesso è maturato: finalmente la macchina ha un pilota consapevole». E chi lo ferma più.