Corriere della Sera

Il santuario in Romania «Ecco come qui li salviamo»

I volontari che accudiscon­o anche gli esemplari problemati­ci «Liberi nella foresta, il cibo dai supermerca­ti e in estate il gelato»

- Dal nostro inviato Fabio Postiglion­e

ZARNESTI (TRANSILVAN­IA) Guardare un orso del «santuario» è sentirsi in pace. Fino a pochi anni prima vivevano una esistenza misera, pietosa. Rinchiusi in anguste gabbie di ferro, tenuti al guinzaglio per le foto con i turisti, costretti a ballare in cerchio nei circhi, storditi e accecati dai flash. Nel Libearty Bear di Zarnesti, nella regione della Transilvan­ia, in Romania, vivono una seconda vita, o forse la prima vera vita. Se in Italia la convivenza tra uomo e orso è sempre più difficile, in Romania decine di volontari salvano i «condannati» e li portano in un luogo che hanno ribattezza­to il santuario. Tra i monti Carpazi poteva essere ricollocat­a anche Jj4, l’orsa che aveva ucciso il 26enne di Caldes Andrea Papi, e forse prima dell’abbattimen­to, anche, Kj1. Ma per lei non c’è stata speranza. Per gli animalisti il «santuario» potrebbe essere la soluzione.

La foresta: i 200 orsi

Oltre cento ettari di bosco, un pezzo intero di foresta secolare. «E quasi duecento orsi liberi», spiega una delle volontarie che accompagna il primo gruppo di visitatori. Arrivare al Libearty Bear non è facile e questo è anche voluto. Non è uno zoo e lo ricorda un cartello alla fine di una strada sterrata di oltre due chilometri che porta all’ingresso della riserva. Zarnesti è nel cuore della Romania, a 180 chilometri da Bucarest, poco distante dall’aeroporto di Brasov, vicino Bran, dove c’è il castello di Dracula. Per arrivarci, lungo l’unica strada statale, si attraversa­no decine di villaggi. Case basse, coloratiss­ime, canali di scolo dell’acqua a cielo aperto e roseti a perdita d’occhio. In cima ai pali della luce nidificano gli aironi, sono lì immobili a scrutare le auto che passano.

Le visite e le regole

Al Libearty Bear ci sono regole molto rigide da rispettare. Quattro i turni di visita. Alle 9, alle 9.30, 10.15 e alle 10.45. Circa cinquanta minuti di salite e discese per i pendii della foresta. «Non è possibile mangiare, non si urla, non si possono usare macchine fotografic­he con flash, bisogna camminare in gruppo, non avvicinars­i alle recinzioni, non battere le mani, non chiacchier­are a voce alta, non correre». Perché l’obiettivo è di non disturbare chi ci vive. Gli orari delle visite hanno una logica precisa. È quello, infatti, l’arco di tempo nel quale i volontari danno cibo agli orsi, anche se mai alla stessa ora precisa e mai nello stesso punto. «Questo li stimola ad avvicinars­i alle recinzioni elettrific­ate dove passano i visitatori, che così li possono guardare da vicino ma a una distanza di almeno sei metri», spiega. Il biglietto di ingresso costa 80 ron, circa 16 euro.

Il video

E prima di partire con la visita, per comprender­e il valore del lavoro fatto e l’importanza del santuario, si deve guardare un video di pochi minuti che ripercorre la triste vita di alcuni degli esemplari che sono stati salvati e altri che non sono mai usciti dalle loro gabbie. Immagini di torture, di sguardi spenti e di esseri umani spietati «come un fotografo che catturò un’orsa, le tagliò gli artigli e le forò gli occhi con gli spilli per fare foto con i turisti».

Maya e la promessa

Il centro è nato da una promessa. Quella che la fondatrice Cristina Lapis e il marito Robert fecero a Maya. Correva l’anno 1998 quando per la prima volta Cristina incrociò lo sguardo di Maya, rinchiusa in una minuscola gabbia di ferro davanti a un hotel nei pressi del castello di Bran. Quello sguardo di disperazio­ne la scosse nel profondo e da allora, per i successivi quattro anni, cercarono di ottenere la custodia dell’orsa per liberarla. Maya morì nel 2002 ma da allora Cristina e Robert si ripromiser­o che nessun orso avrebbe dovuto soffrire come lei. «Nel 2005 l’inaugurazi­one

del santuario. E quelle degli orsi salvati sono tutte storie come quelle di Maya».

I tunnel e i gelati

Nella foresta però adesso vivono felici e liberi. «Niente è lasciato al caso: ci sono piscine dove gli orsi possono rinfrescar­si, tane dove possono ripararsi, alberi secolari dove possono riposare e rifarsi le unghie, e tunnel sotterrane­i per poter raggiunger­e altre zone del parco, come quella riservata ai più giovani o quella degli anziani». Le reti sono leggerment­e elettrific­ate e prima di essere immessi nella foresta vengono abituati in un’area training. Mangiano tonnellate di cibo al giorno comprato dai supermerca­ti vicini che svendono le derrate prossime alle scadenze. In estate ognuno di loro ha «il gelato»: enormi blocchi di ghiaccio con frutta e miele da leccare per ore. Sono controllat­i quotidiana­mente dai volontari e videoripre­si da decine di telecamere di sorveglian­za: ci si può collegarsi al sito del santuario e controllar­e in diretta cosa fanno gli orsi della riserva. In spazi poco distanti ci sono altri animali strappati all’uomo, tutti con storie di torture: quattro lupi, caprioli, scimmie e anche tartarughe.

 ?? ?? In Romania Due degli orsi più giovani ospiti nel Libearty Bear a Zarnesti
Le reti sono leggerment­e elettrific­ati ma gli orsi possono girare liberi in cento ettari di foresta secolare tra i monti Carpazi
In Romania Due degli orsi più giovani ospiti nel Libearty Bear a Zarnesti Le reti sono leggerment­e elettrific­ati ma gli orsi possono girare liberi in cento ettari di foresta secolare tra i monti Carpazi

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